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Quando l'azionario globale ESG non tiene il passo con il tradizionale

03 ott 2023 - 17:00

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ESG significa minore diversificazione negli investimenti. Le differenze di rendimento rispetto ai tradizionali indici esiste. A volte va bene, altre volte no

Dopo la sbornia degli anni scorsi spinta dagli uffici marketing delle grandi case di investimento anche il fenomeno ESG sembra progressivamente in fase di smaltimento da “eccessi”. Eccesso di collocamenti, eccesso di prodotti, eccesso di marketing e forse anche eccesso di analisi veicolate ad arte per mostrare la competitività del prodotto ESG rispetto a quello non ESG.

In realtà il fenomeno è ancora molto giovane e non tale da giustificare conclusioni definitive in tal senso. In un articolo è stato ben spiegato che cosa sta succedendo soprattutto negli Stati Uniti alle grandi società di asset management come Vanguard e iShares, che tendono a frequentare e votare con una certa freddezza nelle assemblee degli azionisti quando il tema sono proposte ESG.

Un tema che man mano che diventa maturo si scontra con burocrazia e necessaria redditività, rendendo meno affascinante la patina della sostenibilità, almeno finanziariamente parlando. Adesso che l’azionario mondiale è entrato in modalità correttiva da qualche settimana a causa di alti tassi di interesse, petrolio, inflazione e timori di recessione, può essere utile andare a confrontare l’andamento di due ETF che investono nello stesso azionario mondiale, ma in versione standard e ESG.

 

 

ETF sull'azionario mondiale: confronto tra standard ed ESG

Per uniformità il provider sarò la stesso, MSCI. Come il gestore, iShares. Il confronto è fatto tra il celebre iShares Msci Core World e il Msci World ESG Enhanced. E a distanza di un anno (dati al 30 settembre 2023) le differenze non sono poi così modeste. Al +10,3% del tradizionale indice globale, corrisponde un +8,6% della versione ESG. Considerando che i costi sono identici (0,2%), la gestione sostenibile si è persa per strada un 15% di performance abbondante in termini relativi. Cerchiamo di capire perché.

Nel KID dell’ETF ESG troviamo scritto che “l'indice misura la performance di un sottogruppo di titoli azionari di mercati sviluppati a livello globale appartenenti all'MSCI World Index che esclude società dell'Indice originario sulla base di criteri di esclusione ambientali, sociali e di governance ("ESG") del fornitore dell'indice".

Le società rimanenti sono quindi ponderate dal fornitore dell'indice, per l'inclusione nell'Indice, utilizzando un processo di ottimizzazione che mira a superare gli standard di decarbonizzazione e altri standard minimi di un indice di riferimento UE di transizione climatica e massimizzare l'esposizione a società con rating ESG più elevati, mirando al contempo a un profilo di rischio simile.

Quindi all’acquisto dell’ETF ESG l’investitore si troverà di fronte un sottoinsieme dell’indice originario globale secondo criteri decisi da un provider. Quello che rimane viene ponderato e ottimizzato sulla base di certi obiettivi, comunque, non misurabili a priori. A questo si aggiunge che sono escluse dall’indice “le società considerate coinvolte in armi controverse, convenzionali e nucleari, armi da fuoco civili, carbone termico, tabacco o petrolio e gas non convenzionali o classificate come violatrici dei principi del Global Compact delle Nazioni Unite. Sono inoltre escluse dall'Indice società in base a un punteggio sulle controversie ESG stabilito dal fornitore dell'indice”.

Comprendiamo bene che i passaggi sono tanti, i filtri pure e la diversificazione si riduce rendendo i rendimenti dell’ETF decisamente più ballerini e in balia di certi andamenti settoriali. E infatti. Le 1327 società comprese nell’ETF Ehnanced (con Apple, Microsoft, Nvidia e Amazon ai primi quattro posti) fanno il paio con le 1518 presenti nell’indice tradizionale con le stesse quattro società a tirare le fila. Poco meno di 200 società di differenza rappresentano una minore diversificazione di circa il 14% che, sarà un caso, ma è un numero simile alla differenza di performance tra i due indici. Che poteva essere positiva o negativa naturalmente.

Hanno la loro importanza anche marginali differenze di allocazione settoriale. Ad esempio, energia e materials pesano per poco più del 6% nella versione ESG, per circa l’8% in quella standard. E infatti, seppur con numeri modesti, anche la volatilità del fondo ESG è leggermente superiore. Questo articolo non arriva sicuramente ad una conclusione empirica di cosa è meglio, ESG o no. Ma abbiamo una certezza. Anche per indici particolarmente globali e diversificati le differenze di rendimento e rischio esistono e non sono irrilevanti. I fondi o ETF ESG non rappresentano il mercato nella sua globalità, ma solo una parte di esso e di questo è giusto tenerne conto in fase di pianificazione di un investimento.

 

 

 

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