Il collasso del dollaro americano, che in un anno ha perso l’8% del suo valore (concentrando il suo calo soprattutto nel 2025 con l’avvio della presidenza Trump), sta generando profonde delusioni sui prodotti che investono al 100% su strumenti americani e di conseguenza con rischio di cambio completamente aperto.
Le borse americane, intese come S&P 500, quando convertite in euro galleggiano attorno allo zero grazie ai guadagni che avevano caratterizzato la seconda metà dell’anno passato. Ma anche sul mercato dei bond si profila un’annata poco ricca di soddisfazioni.
Prendiamo ad esempio il Vanguard Usd Treasury Bond che investe in un paniere di obbligazioni emesse dal Tesoro statunitense su varie scadenze e che dopo 12 mesi sta perdendo un punto percentuale grazie al generoso flusso cedolare.
Analogo risultato quello ottenuto da investimenti monetari in dollari che, sempre grazie ai flussi cedolari dell’ultimo anno, rimediano un calo di circa il 2% sempre su base annua.
Per le obbligazioni corporate investment grade, sempre made in USA,0 risultato praticamente identico a quello dei monetari, mentre una sfumatura positiva la troviamo sui bond high yield americani. E ancora una volta risultato identico è quello che ritroviamo sui bond emergenti emessi in dollari. Quindi un incredibile (quanto piattissimo) flat è in sintesi il risultato degli investimenti finanziari in asset americani che hanno raccolto gli investitori che hanno utilizzato ETF dipendenti al 100% dalla performance del dollaro americano per quello che riguarda l’aspetto valutario.
ETF: cosa sarebbe successo evitando il rischio cambio?
In questo caso la versione dell’ETF eur hedged, pur avendo un costo di copertura di poco superiore ai 2 punti percentuali, ci svela quanto beneficio ha offerto all’investitore questa strategia.
Investire sulle azioni dello S&P500 in versione eur hedged ad oggi offre un ritorno del 6%, di poco superiore all’ETF che investe in Treasury Bond a cambio coperto con tutte le scadenze in pancia. Analoga la performance dell’investimento su titoli a breve scadenza emessi dal Tesoro americano che si sono portati a casa l’intero flusso cedolare al netto di un costo di copertura di poco superiore al 2%.
Il +5% è il risultato ottenuto anche dai titoli corporate investment grade emessi da società americane, mentre gli ETF che investono su bond emergenti hanno raccolto circa un punto in meno.
Questo 2025 ci sta offrendo quindi una grande opportunità, verificare in diretta quanto costa la copertura di un rischio valutario, ma anche quanto può detrarre (o aggiungere) a un rendimento l’oscillazione di valore di una divisa ancora oggi di riferimento globale come il dollaro.
Le oscillazioni delle valute sono indubbiamente uno di quei fattori di rischio più sottovalutati dall’investitore comune. Alcuni pensano di avere il controllo; altri lo vedono come fattore neutrale. Purtroppo, non è così e come la copertura da questo rischio ha un costo, la volatilità del cambio è a sua volta un elemento che, se si decide di mantenere aperta deprimerà comunque un rendimento medio quando trasformato in composto. Il famoso costo della volatilità che ogni esposizione a valute estere fa pagare all’investitore.