Uranio: le Big Tech hanno innescato il rally delle azioni del nucleare | Investire.biz

Uranio: le Big Tech hanno innescato il rally delle azioni del nucleare

23 ott 2024 - 07:00

Le azioni del settore dell'uranio hanno registrato un'impennata nelle ultime settimane grazie agli investimenti delle Big Tech nell'energia nucleare. Ecco come è andata

Le azioni delle società attive nel settore dell'uranio hanno visto un'autentica impennata dei rendimenti in Borsa grazie al boom di interesse delle Big Tech verso l'energia nucleare. Le aziende produttrici della materia prima come Uranium Energy e Cameco, quelle produttrici di componenti quali BWX Technologies, l'unico player quotato che si occupa dell'arricchimento dell'uranio Centrus Energy e altre aziende che hanno ancora tecnologie in fase di sviluppo tipo Oklo e Nuscale, hanno registrato tutte performance esorbitanti nell'ultimo mese.
 
Cosa sta succedendo? Le grandi aziende tecnologiche americane hanno recentemente stretto accordi con operatori del settore per alimentare i data center che gestiscono e che richiedono una quantità enorme di energia a causa dell'intelligenza artificiale. Nessuno può permettersi interruzioni di corrente e oggi le energie rinnovabili non sono ancora sufficienti per sostenere una domanda in continuo aumento. L'energia nucleare è la meno inquinante tra quelle non rinnovabili, per quanto ancora ci siano delle ritrosie sotto il profilo della sicurezza. 
 

Uranio: ecco gli accordi delle Big Tech sull'energia nucleare

Colossi come Amazon, Microsoft e Google sono scesi in campo per firmare accordi con i fornitori di energia nucleare. Amazon Web Services sta investendo oltre 500 milioni di dollari nel settore, con alcuni progetti in corso di grande portata. Il gigante di Seattle ha annunciato nei giorni scorsi una collaborazione con il consorzio statale americano dei servizi pubblici Energy Northwest per lo sviluppo di quattro reattori SMR in grado di alimentare con energia nucleare oltre 770 mila abitazioni. Allo stesso tempo l'azienda guidata da Andy Jassy ha stabilito una partnership in Virginia con Dominion Energy per lo sviluppo di piccoli reattori nucleari modulari. Infine ha investito in X-energy, sviluppatore del reattore modulare avanzato Xe-100 che è tra le tecnologie energetiche pulite più sicure e affidabili.
 
Microsoft ha siglato un accordo con Constellation Energy della Pennsylvania per resuscitare la centrale nucleare di Three Mile Island rimasta inattiva a lungo. Il colosso di Redmond pagherà almeno 100 dollari a megawattora, quasi il doppio del costo tipico dell'energia rinnovabile nella regione, per 20 anni. Lo sforzo comporterà un esborso almeno di 1,6 miliardi di dollari e richiederà l'impiego di migliaia di lavoratori per riattivare un impianto vecchio di mezzo secolo. 
 
Quanto a Google, la società controllata dalla holding Alphabet ha firmato un accordo con Kairos Power per acquistare energia nucleare prodotta da SMR. Uno dei reattori entrerà in funzione entro la fine del decennio in corso. Per gli altri si prevede l'attività entro il 2035. 
 
 

 

La rinascita del nucleare negli Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono il Paese che al mondo gestisce più unità energetiche con 94 reattori nucleari attivi. Tuttavia, solo due sono stati costruiti negli ultimi decenni, ovvero quelli relativi alla centrale di Vogtle a Waynesboro, in Georgia. Le intenzioni del governo quando sono iniziati i lavori erano quelle di risvegliare un settore che per diverse ragioni si era assopito. In programma vi era la costruzione di almeno due dozzine di nuovi reattori, ma alcuni problemi di Vogtle e un progetto fallito nella Carolina del Sud hanno mandato a monte i piani.
 
Attualmente l'energia nucleare fornisce circa un quinto dell'elettricità della nazione e l'amministrazione Biden la considera fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di carbonio. Tuttavia c'è ancora molto scetticismo. Secondo alcuni critici, il settore del nucleare deve affrontare problemi che i vari progetti negli anni non sono riusciti a risolvere, tipo l'alto costo dei nuovi reattori, la tempistica nella costruzione e la mancanza effettiva di siti di stoccaggio per lo smaltimento del combustibile nucleare esaurito.
 
 
 
 

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