Le azioni Micron Technology scendono di oltre il 6% nelle contrattazioni pre-market di Wall Street, dopo la notizia che le autorità cinesi hanno vietato ad alcune società domestiche di acquistare chip dal produttore americano. La Cyberspace Administration of China (CAC) ha sollevato la questione dei "gravi rischi per la sicurezza nazionale" che comporterebbero tali acquisti. La mossa rappresenta probabilmente il maggiore atto di ritorsione del Dragone nei confronti degli Stati Uniti, dopo che Washington ha messo in black list diverse aziende cinesi in merito alla fornitura di chip di fascia alta.
La reazione americana è stata dura: Holden Triplett, fondatore di Trenchcoat Advisors ed ex funzionario del controspionaggio dell'FBI a Pechino, ha affermato come "nessuno dovrebbe interpretare questa decisione della CAC come qualcosa di diverso da una rappresaglia per i controlli statunitensi sulle esportazioni di semiconduttori" e ha parlato di "azioni politiche pure e semplici", con "qualsiasi azienda che potrebbe essere la prossima". La considerazione che si tratti di una decisione politica viene però contestata dal Ministero degli Affari Esteri cinese, che ha riferito di "un passo necessario per prevenire i problemi di sicurezza informatica e i danni che pone alle infrastrutture chiave e alla sicurezza nazionali".
Micron: cosa significa la stretta di Pechino
Il provvedimento di Pechino costituisce un duro colpo per Micron, che nel 2022 tra la Cina continentale e Hong Kong ha generato un quarto dei suoi ricavi complessivi. Le prime avvisaglie erano state lanciate però circa un mese e mezzo fa, quando le autorità cinesi affermarono di aver riscontrato "rischi di sicurezza informatica relativamente gravi" nei prodotti Micron venduti in Cina. Quanto è bastato per far precipitare le azioni del 10% in pochi giorni. Tuttavia, le azioni successivamente si sono riprese, allorché i rivali coreani Samsung Electronics e SK Hynix hanno tagliato la produzione dei loro chip di memoria. Da inizio anno, infatti, il titolo Micron è salito del 36,39%.
La reazione dell'azienda alla decisione della CAC è stata sobria, con l'Amministratore delegato di Micron, Sanjay Mehrotra, che ha affermato come la società abbia "ricevuto l'avviso di conclusione della revisione da parte della CAC dei prodotti Micron venduti in Cina" e che sta valutando i prossimi passi da compiere. "Non vediamo l'ora di continuare a discutere con le autorità cinesi".
Secondo gli analisti di Jefferies, l'impatto della mossa cinese su Micron sarà limitato. In un rapporto di ricerca, gli esperti della banca d'investimento indipendente americana hanno spiegato che Micron si concentra su infrastrutture informative critiche come data center e servizi di cloud computing. "La maggior parte dei chip di memoria Micron venduti in Cina sono effettivamente utilizzati nell'elettronica di consumo, come smartphone e notebook", hanno detto. Tuttavia, "riteniamo che questo divieto sia strettamente focalizzato in quanto si applica solo agli operatori CII. Pertanto, l'impatto finale su Micron sarà piuttosto limitato", hanno precisato. Anche gli analisti di Bernstein ritengono che "l'effetto più realistico sarà una percentuale a una cifra bassa e solo nel breve termine".
Quali impatto per altre Big Tech americane?
Il settore dei semiconduttori è diventato terreno di scontro tra le due superpotenze mondiali. Quest'ultima escalation peraltro sopraggiunge poco dopo che il presidente degli Stati Uniti
Joe Biden aveva dichiarato, in occasione del G-7, di aspettarsi un
disgelo in tempi brevi dei rapporti tra USA e Cina.
Ma quali ripercussioni potrà avere sugli altri produttori di chip a stelle e strisce il divieto imposto dalla CAC? Le principali aziende americane che vendono in Cina sono attualmente Nvidia, Intel, Advanced Micro Devices, Qualcomm e Broadcom. Il mercato cinese è il più grande al mondo, quindi l'impatto potrebbe essere potenzialmente disastroso per queste società. Tuttavia, secondo gli esperti sarà difficile colpire tali aziende allo stesso modo con un provvedimento ritorsivo di Pechino, se non altro perché queste producono chip di fascia alta di fondamentale importanza nei processi produttivi altamente tecnologici e i loro semiconduttori sono molto difficile da reperire.