L'IVASS ha concesso l'autorizzazione a Delfin di salire a oltre il 10% di Generali fino a portarsi al 20% del capitale. Il via libera si è reso necessario a seguito del riacquisto di azioni proprie della compagnia triestina, in cui la holding della famiglia Del Vecchio ha superato la soglia fatidica per cui bisogna richiedere l'approvazione dell'autorità di regolamentazione.
Delfin deteneva il 9,8% del capitale in Generali, ma dopo l'ultimo buyback, in attuazione della delibera assembleare del 29 aprile 2022, è arrivata a scavalcare il 10%. Il 17 aprile 2023 quindi ha chiesto l'autorizzazione della Vigilanza assicurativa di restare sopra la soglia. "Avuto presente l’esito dell’istruttoria, si accerta, ai sensi dell’art. 68 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, la sussistenza dei requisiti per il rilascio dell’autorizzazione richiesta. In relazione a ciò, questo Istituto autorizza, ai sensi dell’art. 68 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, Delfin S.à.r.l. a detenere una partecipazione qualificata superiore al 10% del capitale sociale di Assicurazioni Generali S.p.A", ha scritto l'IVASS.
La doppia partita Generali-Mediobanca
Con la richiesta di rimanere sopra la soglia del 10%, Francesco Milleri - manager alla guida della cassaforte degli eredi di
Leonardo Del Vecchio - sta attuando una strategia ben precisa. Infatti, il presidente di Delfin poteva decidere di vendere la quantità di azioni sufficienti a tornare al di sotto del limite senza scomodare l'IVASS. Evidentemente le mire sono altre e riaccendono i
vecchi dissapori relativi alla gestione del leone di Trieste che coinvolge
Mediobanca, primo socio di Generali con il 13%, e gli altri componenti della società come l'imprenditore romano
Francesco Gaetano Caltagirone, la famiglia Benetton e la Fondazione CRT.
Delfin ora potrebbe teoricamente salire fino al 20% e mettere in discussione gli equilibri della compagnia assicurativa. La partita di Generali è legata a doppio filo con quella relativa al rinnovo dei vertici di Mediobanca a ottobre. Quanto accadrà a Piazzetta Cuccia avrà una grande importanza sul controllo che poi la banca d'affari milanese eserciterà su Trieste.
Questo era il motivo per cui
Del Vecchio, prima della sua dipartita del 27 giugno 2022, aveva rastrellato azioni di Mediobanca fino a quasi il 20% del capitale. In questo modo, l'ex-imprenditore fondatore di Luxottica ha creato uno
scudo per Generali da una possibile scalata di qualche grande gruppo finanziario che avrebbe trovato terreno fertile in Mediobanca.
Il punto è che Delfin da sola non può crescere ulteriormente, perché
un gruppo bancario non può essere controllato se non da un soggetto vigilato dalla Banca d'Italia e nessun gruppo imprenditoriale può avere la maggioranza dei voti in assemblea. Quindi, la holding può fare affidamento sugli altri imprenditori che hanno sostenuto la battaglia contro Mediobanca in Generali, ossia Caltagirone e Benetton. Il primo ha iniziato a comprare azioni nella banca e, sulla base dell'ultimo aggiornamento
Consob del 29 giugno, è salito sopra il 5%. Mentre la famiglia del gigante tessile italiano, secondo alcune voci, sembra stia accumulando quote. Alla fine una compagine di imprenditori punta a
ottenere il 40% dei voti in assemblea e controllare di fatto il Consiglio di amministrazione della banca.
Tuttavia, la battaglia rischia di farsi incandescente, perché la nuova cordata dovrebbe comunque scendere a patti con il Cda uscente. E ciò avviene in un contesto in cui l'Amministratore delegato Alberto Nagel può contare su una gestione economica e finanziaria dell'istituto di credito eccellente e quindi sul favore del mercato.
In definitiva i prossimi mesi saranno molto caldi, con una partita che si giocherà su due tavoli e che potrà determinare grandi oscillazioni per le azioni in Borsa sia di Mediobanca che di Generali. Intanto, nei primi scambi nell'apertura settimana a Piazza Affari, la compagnia triestina sale del 4,73% a 19,5 euro, mentre Mediobanca è in crescita del 2,46% a 11,23 euro.