Mediobanca: nascita, origini e sviluppo della banca d'affari | Investire.biz

Mediobanca: nascita, origini e sviluppo della banca d'affari

29 ago 2020 - 09:00

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Mediobanca ha fatto la storia della finanza italiana. Vediamo le vicende che hanno visto come protagonista la più grande banca d'affari del Paese dalla nascita a oggi

Parlare di Mediobanca equivale a riportare alla memoria più di mezzo secolo di finanza italiana. L'istituto condotto da Enrico Cuccia per anni è stato al centro di tutte le vicende che hanno interessato il grande capitalismo e il salotto buono del Belpaese. Nonostante alcuni fatti che negli ultimi anni l'hanno depotenziato, Piazzetta Cuccia ancora oggi rimane assoluto punto di riferimento per le più delicate operazioni che coinvolgono banche, società e istituzioni pubbliche e private.

 

Mediobanca: le origini e i primi anni

L'istituto di credito nasce nel 1946 su idea di due personaggi che hanno dominato la scena finanziaria per tantissimi anni: Raffaele Mattioli e Enrico Cuccia. Secondo molti la nascita di Mediobanca è figlia della legge bancaria del 1936 che scinde il credito bancario di breve periodo da quello di lungo termine. Da quel momento tutte le banche più importanti si specializzano nel credito a breve, quindi dopo la Seconda Guerra Mondiale si crea un vuoto nel sistema, in quanto il tessuto produttivo per ripartire ha bisogno di prestiti a medio lungo periodo. Ecco che la nascita di Mediobanca si inquadra perfettamente nel contesto: venire incontro al fabbisogno finanziario delle aziende. Inizialmente il capitale azionario è così suddiviso: Banca Commerciale Italiana 35%, Credito Italiano 35%, Banco di Roma 30%.

Sin dai primi passi l'istituto non si limita a essere una semplice azienda di credito, ma si pone anche come intermediario nel collocamento dei titoli azionari e obbligazionari delle imprese. In questo modo getta le basi per quella che diventerà in seguito la più grande banca d'affari italiana.

Nel 1948 Mediobanca entra nel settore delle gestioni fiduciarie per mezzo della Spafid. A metà degli anni '50 svolge attività di consulenza e promozione del commercio internazionale mettendo in piedi una serie di compagnie operanti in particolar modo in Italia e in Africa.

Nel 1960 attraverso Compass si inserisce nel comparto del credito al consumo. Un anno dopo diventa la prima società italiana di revisione, grazie a Reconta. Nel 1970 con la Selma effettua operazioni di leasing.

In tutto questo periodo il Presidente della banca è Eugenio Rosasco mentre il direttore generale, nonché amministratore delegato è Enrico Cuccia. La sede centrale della banca si trova in via Filodrammatici sino alla morte di quest'ultimo. Da quel momento la sede di Mediobanca diventerà Piazzetta Cuccia.

 

Mediobanca: gli anni di Cuccia e le grandi operazioni societarie

Sotto la guida di Enrico Cuccia, Mediobanca si trasforma ben presto in un'autentica business bank. Emblematiche negli anni 60 sono le operazioni di salvataggio della Montecatini, nonché la costituzione della Montedison. Soprattutto salta agli onori della cronaca nel 1971 la gestione della scalata di Eugenio Cefis, allora presidente dell'Eni, alla stessa Montedison.

Negli anni '70 i rapporti molto stretti tra Cuccia e Giovanni Agnelli fanno sì che via Filodrammatici diventi la banca di fiducia del gruppo FIAT. La presenza di Mediobanca diventa cruciale in molte operazioni che coinvolgono appunto il rapporto incrociato che in quegli anni si viene a creare tra la famiglia Agnelli e Montedison. Proprio l'istituto guidato da Cuccia gestisce nel 1980 il passaggio alla FIAT della SNIA, azienda chimica in mano a Montedison. Mentre l'anno successivo si occupa della privatizzazione del gruppo energetico e chimico milanese che andrà in mano ad alcuni gruppi industriali, tra cui la FIAT.

Ovviamente la banca d'affari italiana ha le mani in pasta in tutte le principali operazioni che riguardano l'apparato industriale del nostro Paese. Molte società si appoggiano a Mediobanca per le operazioni di collocamento dei titoli sia sul mercato interno che su quello estero: da Pirelli a Italcementi, ad Assicurazioni Generali. Rilevanti sono anche gli interventi diretti sul capitale attraverso le partecipazioni societarie. Oggi infatti Mediobanca è il principale azionista di Generali con il 13% del pacchetto azionario.

 

Mediobanca: i dissidi con l'IRI e il patto di sindacato tra i soci

I problemi per l'istituto di credito cominciano nel 1982 quando entra in conflitto con l'IRI, ente pubblico presieduto da Romano Prodi e che, insieme alle banche controllate, detiene la maggioranza di Mediobanca. Il motivo del dissidio sta nella riottosità da parte di Enrico Cuccia verso le influenze politiche. Per questo l'IRI impone alle banche sue socie di non rinnovare il mandato al banchiere milanese nella direzione generale di via Filodrammatici. Ciò nonostante quest'ultimo mantiene la carica di consigliere nel Consiglio di Amministrazione della società.

Nel 1988 Mediobanca viene privatizzata ed Enrico Cuccia diventa Presidente onorario, mentre la carica di amministratore delegato viene assegnata a Vincenzo Maranghi che in precedenza era diventato direttore generale al suo posto. Con la privatizzazione si crea un patto di sindacato tra i gruppi bancari fondatori e quelli privati che partecipano l'azienda di credito.

 

Mediobanca: nuova legge bancaria e privatizzazioni

Nel 1993 arriva la seconda grande legge bancaria dopo quella del 1936, in cui viene rimosso l'obbligo di specializzazione del credito. Questo comporta che molte banche, che prima operavano solo nel comparto a breve, con la nuova legge entrano anche in quello a medio/lungo termine togliendo di fatto l'esclusiva a Mediobanca.

Anzi, da quel momento tra le banche azioniste e l'istituto presieduto da Cuccia si viene a creare una sorta di conflitto d'interesse in tante operazioni di natura finanziaria, tutto a discapito della profittabilità dell'azienda. Nel frattempo per tutto il decennio degli anni '90 la maggior parte delle privatizzazioni delle grandi imprese pubbliche sono condotte sotto la regia di Mediobanca. Ne sono un esempio Telecom, Enel, BNL e Banca di Roma.

 

Mediobanca: la morte di Cuccia

Le tensioni legate al conflitto di interesse non si placano e vivono una vera escalation dopo la morte di Enrico Cuccia avvenuta il 23 giugno del 2000. A queste si aggiunge anche Bankitalia che non vede di buon occhio la direzione di via Filodrammatici, ora diventata Piazzetta Cuccia. Tutto ciò porta nel 2003 alle dimissioni di Maranghi e alla scalata ai vertici della banca di Alberto Nagel e Renato Pagliaro.

Con la nuova direzione si riducono le partecipazioni storiche come quelle in FIAT e si intensificano le operazioni a mercato aperto sia in Italia che sulle Piazze estere come fusioni, collocamenti di titoli, negoziazioni dei vari strumenti finanziari. Inoltre viene rafforzata la raccolta attraverso il segmento bancario retail con la creazione di CheBanca! società che opera soprattutto mediante canali alternativi come internet e call center. Nel primo anno di attività CheBanca! è un grande successo con 5,3 miliardi di depositi da parte dei correntisti e 170 mila conti aperti. Ad oggi la banca online può contare su una raccolta di 25 miliardi e 865 mila clienti.

 

Mediobanca: gli ultimi anni e la rottura del patto di sindacato

Negli ultimi anni il patto di sindacato partorito con la privatizzazione del 1988 lentamente si sgretola. Pirelli è la prima a uscire dall'accordo nel 2017 con la cessione della sua partecipazione dell'1,79%. L'anno dopo viene seguita da Italmobiliare che smobilizza la quota dello 0,98%, sebbene comunque la holding della famiglia Pesenti rimane in via indiretta dentro il patto attraverso FinPriv, una finanziaria che controlla con il 14,3%.

Lo stesso anno il secondo azionista di UniCredit segue la stessa strada. Una volta che il patto scende sotto il 25% automaticamente decade con effetto dal 1° gennaio 2019. A novembre del 2019 UniCredit cede l'8,4% detenuto in Mediobanca, ma viene rimpiazzata dall'ingresso dell'imprenditore milanese Leonardo Del Vecchio. Quest'ultimo sale, attraverso la sua holding Delfin, inizialmente a una quota del 7,52% del capitale per poi arrivare al 9,89%, diventando così il principale azionista di Mediobanca. In questi giorni ha ricevuto il via libera dalla BCE per salire fino al 20% della quota.

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