Gli investitori non comprano le azioni delle banche europee e, guardando i fondamentali, questo appare un fatto inspiegabile. A livello di bilancio, gli istituti di credito del Vecchio Continente stanno raccogliendo i frutti dell'aumento dei tassi d'interesse attuato dalla
Banca Centrale Europea. Negli ultimi anni molti hanno eseguito importanti riorganizzazioni, dotandosi di forti riserve di capitale e tenendosi al riparo dal contagio derivante dalla crisi bancaria americana e dallo stress del salvataggio di emergenza di Credit Suisse.
Eppure le azioni sono ampiamente sottovalutate. Se si confronta il rapporto tra il prezzo delle azioni e il valore netto contabile delle banche europee rispetto a quelle americane si nota una differenza a volte non giustificabile. Ad esempio, tale rapporto è circa un terzo in Deutsche Bank, mentre in PacWest Corp è circa del 40%. La differenza risulta più assurda per il fatto che il colosso finanziario tedesco proviene dai suoi 12 mesi più redditizi dal 2007, mentre fino a poche settimane fa la banca americana di medie dimensioni si vendeva al miglior offerente nella speranza di un salvataggio. "Siamo insoddisfatti del prezzo delle nostre azioni", ha detto l'Amministratore delegato di Deutsche Bank, Christian Sewing, in occasione all'assemblea generale annuale dell'azienda la scorsa settimana. Bisogna "fare di più per convincere il mercato dei nostri meriti", ha aggiunto.
Ma il mercato non è convinto per niente, perché altre grandi banche dell'Eurozona vivono una situazione simile. Société Générale scambia appena al 30% del suo valore netto contabile, con il dimissionario Frederic Oudea dalla carica di CEO che ha lamentato un prezzo delle azioni dell'azienda francese sostanzialmente inferiore ora rispetto a quando ne ha assunto la direzione circa 15 anni fa. Per citare altre aziende di credito importanti,
UniCredit è negoziata in Borsa a 0,6 il suo valore contabile, mentre Banco Santander e BNP Paribas a 0,7. In confronto, Goldman Sachs ha un rapporto di 1,1, Bank of America di 1,3, JPMorgan Chase di 1,8 e Morgan Stanley di 2.
Banche europee: ecco perché gli investitori non si fidano
Ma cosa realmente sta tenendo lontani gli investitori dalle banche europee? Una spiegazione può riguardare la frammentazione del settore bancario europeo rispetto a quello americano, il che significa un ostacolo strutturale, al di là delle congiunture, all'aumento dei profitti.
Un'altra motivazione può derivare dal fatto che, dopo la
crisi finanziaria del 2008 e
quella del debito sovrano del 2011,
gli investitori sono diventati più diffidenti. Ancor più che i tassi d'interesse a zero o negativi hanno fortemente depresso la redditività. A ciò si aggiungono
normative severe che hanno frenato dividendi e buyback durante la pandemia e che hanno dato luogo a ristrutturazioni molto costose. Nel frattempo i peer americani hanno messo a punto importanti piani di riacquisto e aumenti dei dividendi, che hanno invogliato gli investitori ad acquistare i titoli.
Recentemente poi ha inciso la vicenda di Credit Suisse, con l'annullamento delle obbligazioni AT1 per 17 miliardi di sterline che ha diffuso un senso di sfiducia a livello generale.
Banche europee: ora sono un'opportunità?
La sottovalutazione delle banche europee tuttavia potrebbe anche aprire le porte a opportunità di acquisto in questo momento. Secondo le stime degli analisti, prima o poi il mercato dovrà prezzare i fondamentali e le azioni potrebbero salire. Gli analisti in tal senso mostrano un certo ottimismo. Secondo i dati rilasciati da Bloomberg, per i cinque maggiori istituti finanziari europei, 93 analisti hanno espresso raccomandazioni di acquisto delle azioni, a fronte di soli 6 che ne consigliano la vendita. Il passo più difficile però è riuscire a convincere gli investitori.