Warren Buffett: ecco i 3 criteri per valutare il management | Investire.biz

Warren Buffett: ecco i 3 criteri per valutare il management

11 ott 2024 - 10:00

11 ott 2024 - 10:13

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Buffett ritiene che il management rappresenta un valore estremamente importante per l'attività di un'azienda. Ecco le caratteristiche fondamentali che deve avere

Warren Buffett ha sempre adottato quattro criteri imprescindibili nella valutazione di un'azienda sulla quale investire: di business, finanziari, di mercato e di management (Warren Buffett: ecco i 4 criteri che guidano i suoi investimenti). Quest'ultimo parametro è uno di quelli che sta più a cuore al re del value investing. Il concetto lo ha ereditato da uno dei suoi mentori, l'economista Philip Arthur Fisher, secondo cui un'azienda non può avere successo se non è guidata da un management onesto e capace.
 
Diverse volte Buffett ha effettuato acquisti proprio perché catturato dalle grandi qualità delle persone che erano al comando dell'azienda. Un esempio su tutti è quello di Bank of America. Nel 2011 Buffett ha comprato le azioni della banca americana poiché il suo amministratore delegato Brian T. Moynihan ha saputo tirare fuori l'istituto di credito dalle sabbie mobili nelle quali era scivolato a causa della grande crisi del 2008. Anche l'acquisto del titolo Coca-Cola nel 1988 è stato in buona parte condizionato dal piano industriale del Chief executive officer Roberto Goizueta basato sul taglio dei costi e sul core business eliminando le attività superflue.
 
La qualità del manager però non riguarda solamente gli aspetti gestionali, ma anche e soprattutto quelli etici e morali. Secondo Buffett, un'azienda che non ha al vertice persone trasparenti con gli azionisti, rispettosi con dirigenti e dipendenti, e che non guardano solo al proprio tornaconto personale, alla lunga è destinata a soccombere. Una delle frasi che più hanno colpito l'opinione generale su questi aspetti è emersa in una testimonianza al Congresso sul controverso caso della banca d'affari Salomon Brothers. Buffett aveva investito nell'azienda ben 700 milioni di dollari negli anni '80 e si trovò coinvolto in una torbida vicenda di manomissione di dati sulle aste del Tesoro USA. "Se perdi soldi per l'azienda sarò comprensivo, ma se fai perdere all'azienda anche solo un briciolo di reputazione sarò spietato", disse davanti ai parlamentari statunitensi.
 
 

Warren Buffett: ecco come valuta il management

Per valutare il management di un'azienda, Warren Buffett fa ricorso a tre importanti caratteristiche:
  • razionalità;
  • trasparenza verso gli azionisti;
  • resistenza all'imperativo istituzionale.

Queste caratteristiche devono esistere tutte insieme per il capo del conglomerato finanziario Berkshire Hathaway. "Le aziende e le partecipazioni acquistate dalla Berkshire devono essere gestite da manager onesti e competenti, che si possono ammirare e di cui ci si può fidare. Non ci interessa lavorare con persone prive di queste caratteristiche, indipendentemente dal fatto che possano essere interessanti le prospettive del business. Non abbiamo mai fatto buoni affari con persone cattive". Queste parole scritte nel rapporto della Berkshire del 1989 riecheggiano ancora oggi nei corridoi della finanza mondiale.

La razionalità
 
Il management si trova a prendere nel tempo decisioni importanti, a volte anche molto difficili. Ciò che fa la differenza, secondo Buffett, è la capacità di agire con razionalità. Per determinare se il management si sta comportando in maniera razionale, è necessario prima di tutto capire in quale fase si trovi un'azienda nel suo ciclo vitale, in quanto in ogni fase divergono vendite, utili, tassi di crescita e liquidità. Il ciclo vitale di una società è composto da quattro momenti in ordine temporale: il primo è quello dello sviluppo, in cui l'azienda perde denaro perché investe per sviluppare appunto il proprio prodotto e per conquistare quote di mercato; il secondo è quello della crescita, nel quale l'impresa diventa redditizia e distribuisce gli utili e/o li reinveste; il terzo corrisponde alla maturità dell'azienda, allorché la crescita rallenta e la liquidità generata supera quella necessaria per finanziare il business; l'ultimo coincide con il declino, in cui vendite e profitti calano.
 
In ogni fase vanno fatte delle scelte, ma uno dei principali dilemmi che i manager si trovano ad affrontare sta nella decisione di distribuire gli utili o reinvestirli. Se dal reinvestimento l'azienda produce una redditività superiore a quella di mercato, dove per redditività si intende un aumento di valore al netto del costo dell'investimento, il comportamento più logico è quello di non distribuire gli utili. A volte, però, i manager si comportano in maniera del tutto irrazionale perché reinvestono nonostante una redditività inferiore alla media del settore. Perché lo fanno? Secondo Buffett il motivo risiede nel fatto che i dirigenti pensano erroneamente che la situazione sia temporanea e con il tempo riusciranno a migliorarla. Intanto però gestiscono male la liquidità e le azioni in Borsa ne risentono.
 
Uno degli errori più marchiani che a giudizio di Buffett compie il management è quello di fare acquisizioni puntando sulla crescita del business. Questo perché la crescita spesso viene sopravvalutata e la fusione con altre attività può portare a commettere passi falsi che possono costare cari. Quindi, nel momento in cui il reinvestimento non implica una redditività superiore alla media, l'approccio più razionale nella gestione della liquidità, per Buffett, diventa la distribuzione del denaro agli azionisti: o con l'accensione/aumento del dividendo oppure con il riacquisto di azioni proprie.
 
La trasparenza verso gli azionisti
 
Agire con razionalità è già una dimostrazione da parte del management dell'interesse verso gli azionisti. Questo però rientra nelle capacità dei dirigenti. Operare con trasparenza fa parte della sfera dei valori morali ed etici dei manager. Buffett ha sempre mostrato grande apprezzamento per i dirigenti che comunicano i risultati in maniera veritiera e nella loro interezza, senza trascurare nulla. Nella realtà dei fatti, purtroppo, il re di Wall Street ha notato che troppo spesso la direzione tende a riportare i fatti conditi da eccessivo ottimismo, ridimensionando le cose che non vanno.
 
Buffett in questo ha cercato sempre di dare l'esempio e nei risultati economici presentati della Berkshire ha ammesso i suoi errori e quelli dei suoi collaboratori nei vari settori in cui hanno operato. Addirittura nel 1989, nel rapporto periodico dell'azienda Buffett indicava una sezione denominata "Errori" nella quale venivano evidenziati gli sbagli commessi durante la gestione.
 
La trasparenza e il riconoscimento dei propri errori sono caratteristiche molto apprezzate da Buffett perché, anche se nell'immediato possono creare qualche scossone sul mercato, alla lunga pagano. Un esempio emblematico è quello di Mary Barra quando assunse la carica di amministratore delegato alla General Motors e si trovò davanti allo scandalo di un difetto nell'avviamento delle auto. L'azienda aveva nascosto il problema, che durante la guida avrebbe potuto far spegnere il motore e impedire l'azionamento degli airbag in caso di incidente. Barra ammise subito il problema chiedendo scusa e richiamando ben 30 milioni di veicoli. Nel tempo General Motors infatti si è ripresa da quel brutto episodio che l'aveva messa in cattiva luce e che le aveva fatto perdere capitalizzazione in Borsa.
 
 
 
La resistenza all'imperativo istituzionale
 
La resistenza all'imperativo istituzionale si lega alle altre due caratteristiche sopra descritte. Cos'è l'imperativo istituzionale? la risposta a questa domanda la si trova nella risposta ad altre due domande: perché il manager si comporta in maniera irrazionale? E perché tende a essere poco trasparente? Buffett ritiene che il motivo risiede spesso nell'imperativo istituzionale, ossia nel voler imitare il comportamento degli altri anche quando in fondo si sa che è sbagliato. In termini più precisi, se altri CEO che operano nello stesso settore e che vendono magari lo stesso prodotto stanno facendo una cosa, scatta come una sorta di imperativo di voler fare lo stesso per non apparire come sprovveduti. In sostanza, emerge la paura di realizzare una perdita quando altri stanno producendo utili, con il rischio di mettersi in cattiva luce nei confronti degli azionisti.
 
L'incapacità di resistere all'imperativo istituzionale spesso spinge i manager a commettere un errore che per Buffett è deleterio, ossa diventare iperattivo. Questo è sintomatico di tre fattori. Il primo è la smania di voler fare delle cose quando a volte l'atteggiamento più saggio è quello di rimanere fermi. Il secondo è il confronto costante di vendite, utili e propri compensi con quelli di altre aziende nello stesso e in altri settori. Il terzo è la percezione esagerata delle proprie abilità. 
 
In definitiva, Buffett ritiene che i manager migliori sono quelli che non hanno bisogno di imitare gli altri e che hanno le capacità comunicative per convincere gli azionisti anche ad accettare minori utili di breve termine e un cambiamento di strategia. Alla lunga questo atteggiamento finisce per produrre i risultati migliori.
 
 
 
 

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