La scelta della tipologia di ETF ideale per portare avanti un piano di investimento non si deve solo limitare alla scelta dell’area geografica o del settore di riferimento, ma anche di alcune caratteristiche tecniche dello strumento: una di queste è legata al modo con cui vengono gestiti i proventi generati.
Come nel caso dei fondi di investimento, l’ETF che investe in azioni e/o obbligazioni periodicamente incasserà dei dividendi e delle cedole. Un privato che acquista un BTP italiano oppure un’azione ENEL si troverà a gestire nel corso dell’anno sul proprio conto corrente degli accrediti provenienti dal Ministero del Tesoro (nel caso del BTP) o dalla società.
La banca farà da intermediario e, nella maggior parte dei casi, da sostituto d’imposta, ma non farà altro che dare seguito all’ordine dell’emittente di pagare al creditore e all’azionista le somme dovute. Sarà poi compito del singolo investitore gestire questi flussi in ingresso. Spendendoli, lasciandoli depositati sul c/c o reinvestendoli in altri asset.
A differenza dello strumento ad accumulazione, il rendimento del sottostante non potrà beneficiare del meccanismo della capitalizzazione composta dei rendimenti se i proventi non vengono reinvestiti automaticamente sul prodotto stesso. Un gesto che richiede tempo, programmazione e costi.
ETF a distribuzione: a chi sono adatti
Gli ETF ad accumulazione sgravano da questo onere l’investitore non permettendo però allo stesso di godere dei frutti dell’investimento in tempi ragionevolmente brevi, diciamo entro l’anno. Se è vero che il reinvestimento in altre azioni o obbligazioni contenute nel fondo è il top dell’efficienza all’interno di un processo di investimento, il risparmiatore in questo modo non può ottenere materialmente una rendita passiva dallo strumento, salvo vendere periodicamente sul mercato delle quote.
I prodotti a distribuzione coprono proprio l’esigenza del singolo investitore di assicurarsi un flusso periodico in entrata di denaro generato passivamente da rendite come azioni e obbligazioni. Al momento della scelta dell’ETF dovremo quindi prendere in considerazione gli strumenti che presentano nel KIID o nel prospetto la qualifica di "fondo a distribuzione dei proventi".
Oltre a questo primo accorgimento dovremo anche prendere in considerazione quegli ETF con una frequenza di “stacco” del provento che più si avvicina alle nostre esigenze. Esistono infatti prodotti a distribuzione mensile, trimestrale, semestrale o annuale. Un ETF a distribuzione mensile quindi accrediterà sul conto corrente del suo possessore un flusso di denaro prevedibilmente simile a quello dell’ETF annuale, ma su 12 mensilità. La gestione dei flussi di cassa in questo caso riveste un ruolo primario nella scelta.
ETF a distribuzione: quanti prodotti sono quotati in Italia
In Italia su oltre 1.200 ETF quotati circa un terzo sono a distribuzione, coprendo praticamente tutte le asset class più rilevanti, da quelle azionarie a quelle obbligazionarie. Questa condizione offre la possibilità ad ogni investitore di creare portafogli diversi per profilo di rischio, ma sempre garantendosi il diritto ad ottenere un flusso periodico di dividendi e cedole. Attenzione però, questo non significa che l’importo distribuito sarà sempre lo stesso. Ogni distribuzione avrà infatti valori diversi rispetto alla precedente per effetto delle differenze di proventi incassati nel corso dell’anno dal fondo.
Ad esempio, i dividendi di un’azione difficilmente sono identici rispetto a quelli erogati l’anno prima dalla stessa società. Lo stesso discorso vale per le obbligazioni che, all’interno di un ETF, modulano continuamente le scadenze (e quindi anche le cedole essendo titoli diversi) per rimanere allineate all’indice di riferimento.
Come per gli ETF ad accumulazione, a certi punti di forza si contrappongono dei punti di debolezza nella scelta dello strumento a distribuzione. Uno di questi fattori non premianti è la fiscalità. Ne parleremo in un articolo dedicato ai pro e contro della soluzione a distribuzione rispetto a quella ad accumulazione.