Estrema prudenza. È questa la parola d'ordine del Consiglio di Vigilanza della BCE sulla politica dei dividendi delle banche dell'Eurozona. Alla fine l'Eurotower ha deciso di evitare o limitare la distribuzione delle cedole fino al 30 settembre del 2021, fissando il payout al 15% degli utili prodotti negli anni 2019 e 2020 e a un massimo dello 0,2% del capitale.
Inoltre viene fatto divieto agli istituti di credito di pagare gli acconti sui dividendi relativi agli utili del 2021. Ovviamente la stretta va estesa alle operazioni di buyback sulle azioni e alle retribuzioni variabili dei manager.
Qualora le banche avessero intenzione di distribuire comunque i dividendi o premiare i soci con il riacquisto di azioni proprie, dovranno rispettare dei rigidi criteri reddituali e patrimoniali, nonché attenersi ai principi di prudenza contattando il supervisore che esprime una valutazione sulla fattibilità della cosa.
La settimana scorsa era stata la Bank of England a pronunciarsi in merito, ma era stata più bonaria nei confronti delle banche britanniche concedendo loro la possibilità di distribuire fino al 25% degli utili. La decisione è stata mossa dal fatto che una banca che stacca le cedole risulta essere più attraente per gli investitori. Di conseguenza favorisce l'afflusso di capitali freschi che aiutano le aziende di credito a far circolare denaro nell'economia.
Stop ai dividendi: le ragioni
La situazione è critica. La peggiore recessione dal Dopoguerra ad oggi impone che le banche conservino la liquidità per favorire il credito alle imprese e alle famiglie seviziate dalla crisi. La seconda ondata dei contagi da Covid-19 e lo spauracchio di una terza che costringerà l'economia a nuovi lockdown, hanno impresso un colpo letale al sistema produttivo europeo.
Tutto questo verosimilmente comporterà nel 2021 un'escalation di crediti deteriorati all'interno dei bilanci delle banche europee, aggravata dal fatto che le garanzie che possono fornire gli Stati saranno via via meno disponibili.
Alla luce di uno scenario a dir poco mesto, non sono ammesse distrazioni. È molto probabile che la Banca centrale sarà costretta a intervenire per gestire le sofferenze, attraverso la creazione di bad banks, come del resto è stato specificato nell'ultima riunione del Board.
Quando terminerà questa fase di stop ai dividendi, ossia dall'ottobre del 2021, il ritorno alla normalità sarà dipeso dai risultati che verranno raggiunti dagli istituti di credito dopo il normale ciclo di supervisione.
Stop ai dividendi: cosa comporta per le banche italiane
Le banche italiane nel complesso non esultano da quanto è emerso dal rapporto di Francoforte. Quelle maggiormente danneggiate sarebbero Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Creval che vedrebbero il dividendo ridursi rispettivamente del 57%, 60% e 49%. Meno traumatico l'impatto per UniCredit, Banco BPM, BPER, Banca IFIS e Banca Sistema, le quali prendono solo il dividendo del 2020, che sarebbe maggiore rispetto alle stime attuali.
Particolarmente critica invece la situazione per i gestori di portafoglio come Mediolanum, Banca Generali e Fineco. I tre istituti subirebbero un decremento del dividendo tra il 60% e l'80% rispetto alle stime sul 2021. Nello specifico: per Mediolanum si stima un dividendo di 0,7 euro per azione e dovrà essere abbassato a 0,19 euro; per Banca Generali si passa da una stima di 3,1 euro a una quota effettiva di 0,65 euro; per Fineco la stima è di 0,39 euro e si avrà una diminuzione a 0,15 euro.