L'OPEC+ ha deciso di fermare temporaneamente gli aumenti di produzione di petrolio nel primo trimestre del 2026, dopo l’ultimo incremento di 137.000 barili al giorno previsto per dicembre 2025. La mossa, annunciata domenica da otto membri del gruppo guidato da Arabia Saudita e Russia, arriva in risposta ai crescenti timori di un eccesso di offerta globale (“glut”) che potrebbe mettere sotto pressione i prezzi del greggio.
Secondo quanto riportato dal Financial Times e da MarketWatch, la pausa è motivata da “ragioni stagionali”: la domanda di petrolio tende infatti a diminuire nei primi mesi dell’anno, quando la stagione dei viaggi è terminata e molte raffinerie entrano in manutenzione. In questo articolo e nella videoanalisi allegata, vedremo quali sono le prospettive dell'oro nero nei prossimi mesi.
OPEC+ e petrolio: prezzi in risalita dopo la decisione
Dopo l’annuncio, le quotazioni del greggio hanno reagito positivamente. Il Brent ha guadagnato fino allo 0,8%, portandosi a 65,15 dollari al barile, mentre il WTI è salito anch’esso dello 0,8% fino a 61,30 dollari.
La decisione dell'OPEC+ ha quindi contribuito a sostenere un mercato che, fino a pochi giorni prima, aveva visto i prezzi scendere ai minimi di cinque mesi — intorno ai 60 dollari al barile — a causa delle preoccupazioni per la debole domanda globale e per le nuove sanzioni statunitensi contro la Russia.
Sanzioni e incertezze sul petrolio russo
Alla fine di ottobre, gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni su Rosneft e Lukoil, le due maggiori compagnie petrolifere russe, includendo anche sanzioni secondarie verso le istituzioni finanziarie che collaborano con esse. Secondo le stime di Energy Aspects, tra 1,4 e 2,6 milioni di barili al giorno di greggio russo potrebbero essere colpiti dalle restrizioni, con l’India tra i Paesi più penalizzati.
Tuttavia, il mercato resta scettico sull’effettivo impatto: Mosca dispone di una rete ormai consolidata di esportazioni “ombra”, costruita dal 2022 in avanti per eludere i controlli occidentali. Come ha spiegato Jorge León, analista geopolitico di Rystad Energy, “le esportazioni attuali riflettono petrolio prodotto settimane fa; i primi effetti reali delle sanzioni si vedranno solo tra tre o quattro settimane”.
Rischio oversupply nel 2026
Nonostante l’aumento di dicembre, la decisione di sospendere ulteriori rialzi conferma la crescente prudenza del cartello. Da aprile, l'OPEC+ ha aumentato la produzione complessiva di 2,9 milioni di barili al giorno, pari al 2,7% della domanda mondiale, per recuperare quote di mercato rispetto allo shale oil statunitense e “punire” i membri che avevano superato i limiti precedenti.
Ora, però, diversi analisti — tra cui il CEO di Shell, Wael Sawan — avvertono che nel 2026 potrebbe verificarsi “uno scenario credibile di oversupply”. Alcuni osservatori hanno persino ipotizzato che, in assenza di interventi correttivi, i prezzi del greggio potrebbero scendere fino a 35 dollari al barile.
Analisi tecnica del Brent e prospettive di prezzo
Sul fronte tecnico, il Brent ha rimbalzato dai minimi di 60 dollari di metà ottobre segnando un ritorno sopra la media mobile a 50 giorni. Un consolidamento sopra quota 65 dollari rappresenterebbe il primo segnale di forza dopo mesi di correzione, con obiettivi a 68,50 e 71 dollari. Al contrario, un ritorno sotto 62 dollari riaprirebbe il rischio di un test dei minimi di fine ottobre.
Nel complesso, la decisione di OPEC+ di “premere il freno” sui rialzi produttivi sembra un tentativo mirato a stabilizzare i prezzi in vista di un 2026 potenzialmente volatile, tra domanda debole, tensioni geopolitiche e sanzioni ancora da misurare nei loro effetti reali.
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