Domenica sera, a Washington, il Senato americano ha approvato con 60 voti favorevoli e 40 contrari il primo passo formale verso la fine dello Shutdown più lungo nella storia degli Stati Uniti. Dopo quaranta giorni di paralisi, otto senatori democratici hanno scelto di rompere con la linea del partito, votando insieme ai repubblicani per sostenere un accordo che permetterebbe di riaprire il governo federale e restituire operatività alla macchina amministrativa.
L’intesa, negoziata dietro le quinte con la Casa Bianca, prevede il rifinanziamento delle attività pubbliche fino alla fine di gennaio, il reintegro dei lavoratori licenziati durante il blocco e il pagamento degli stipendi arretrati.
Fine dello Shutdown USA: in cosa consiste il compromesso?
Il compromesso include anche una concessione da parte dei democratici, relativa ai crediti d’imposta sanitari, da tempo al centro dello scontro tra le due forze politiche. Donald Trump, apparso fiducioso nella notte di domenica, ha dichiarato che “il momento della riapertura è vicino”, segnalando l’intenzione di firmare rapidamente la legge una volta approvata anche dalla Camera dei Rappresentanti, dove i repubblicani detengono la maggioranza.
Le conseguenze economiche
La fine dello Shutdown non arriva senza tensioni. All’interno del Partito Democratico, diversi esponenti di spicco come Chuck Schumer e Hakeem Jeffries hanno criticato i colleghi che hanno sostenuto l’accordo, accusandoli di aver ceduto troppo facilmente alle richieste repubblicane. Le divisioni interne, tuttavia, non oscurano l’urgenza di riaprire un governo che per oltre un mese ha lasciato centinaia di migliaia di lavoratori senza stipendio, sospeso servizi essenziali e interrotto il flusso dei dati economici, fondamentali per la politica monetaria della Federal Reserve.
Le conseguenze economiche dello Shutdown sono state pesanti. Dal blocco dei sussidi alimentari per oltre 40 milioni di americani al caos nei cieli, con più di 2.700 voli cancellati nell’ultimo fine settimana, il costo politico e sociale della paralisi è diventato insostenibile. Il segretario al Tesoro, Scott Bessent, ha avvertito che, senza un accordo, la crescita economica avrebbe potuto scendere in territorio negativo nel quarto trimestre.
Come hanno reagito i mercati?
I mercati finanziari hanno reagito immediatamente alla notizia di un’intesa imminente. Nella sessione asiatica di lunedì, i futures sull’S&P 500 sono saliti di circa 0,7%, quelli sul Nasdaq 100 di oltre 1,2%, mentre i rendimenti dei Treasury decennali sono cresciuti di 4 punti base, al 4,14%. Si tratta di un segnale di sollievo da parte degli investitori, che intravedono la possibilità di un ritorno alla normalità e, soprattutto, alla pubblicazione dei dati macroeconomici interrotti durante la chiusura. Come ha spiegato Ipek Ozkardeskaya, analista di Swissquote, “gli investitori si aggrappano a qualsiasi segnale di progresso per poter tornare a leggere i dati e capire dove stanno andando inflazione e occupazione”.
Anche i mercati globali hanno beneficiato del clima più disteso. L’Asia ha aperto in rialzo, sostenuta dal rimbalzo dei titoli tecnologici, mentre in Europa gli indici hanno iniziato la nuova ottava in solido territorio positivo. Tuttavia, il quadro resta fragile: la tregua raggiunta a Washington ha una durata limitata e le divergenze sul bilancio federale potrebbero riemergere già a inizio 2026.
Analisi dei prezzi: il Nasdaq reagisce con entusiasmo
Il mercato tecnologico americano è stato il primo a rispondere al miglioramento del sentiment. Il Nasdaq 100, dopo una settimana di correzione dovuta all’incertezza politica e alle prese di profitto sull’AI, ha mostrato un rimbalzo deciso, sostenuto dalle prospettive di riapertura del governo e dal ritorno dei flussi istituzionali sui titoli growth. Il superamento dell’area dei 25.300–25.500 punti rappresenta un segnale tecnico incoraggiante: una chiusura giornaliera stabile sopra questa fascia potrebbe aprire spazio a un’estensione del movimento verso i 26.000 punti, livello chiave che coincide con gli ex massimi storici.
Fonte: Trive.com/it
Tuttavia, la struttura di mercato rimane delicata. Dopo settimane di volatilità ridotta e dati macroeconomici incompleti, gli operatori devono ora ricalibrare le aspettative sulla Fed e sull’andamento dei rendimenti obbligazionari. Il recente rialzo dei tassi a lungo termine, pur moderato, suggerisce che il rally tecnologico potrebbe incontrare nuove resistenze se i dati economici in arrivo dovessero confermare una ripresa dell’inflazione.
In sintesi, il Nasdaq beneficia della ritrovata fiducia politica e di un ritorno alla trasparenza economica, ma la sostenibilità del rimbalzo dipenderà dalla solidità dei prossimi dati macro e dalle decisioni di politica monetaria. Dopo settimane di buio istituzionale, i mercati tornano finalmente ad avere una bussola — ma la rotta resta tutt’altro che definitiva.
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