La Federal Reserve ha annunciato che presto porrà fine al Quantitative Tightening (QT) e si prepara forse ad iniziare una nuova fase di Quantitative Easing (QE). Ufficialmente, si tratta di una “manovra tecnica” volta a garantire la stabilità del sistema bancario. In realtà, come sottolinea anche Ray Dalio, il ritorno all’espansione del bilancio è una mossa di politica monetaria espansiva a tutti gli effetti.
Il presidente Jerome Powell ha dichiarato che “a un certo punto sarà necessario aggiungere riserve per far crescere il sistema bancario e l’economia”. Questa frase, apparentemente neutra, segna un cambio di tono importante: la Fed non sta più parlando di riduzione, ma di aumento della liquidità. E quando la Banca centrale crea moneta per acquistare titoli, l’impatto sui mercati è inevitabile.
QE: come funziona e perché influenza i mercati
Il Quantitative Easing consiste nell’acquisto massiccio di obbligazioni da parte della Banca centrale. Questo processo immette nuova liquidità nel sistema finanziario, abbassa i tassi d’interesse reali e riduce i rendimenti dei Treasury.
La liquidità in eccesso tende poi a concentrarsi dove il rendimento è maggiore: azioni, oro, materie prime e asset rischiosi. Il risultato è la cosiddetta inflazione degli asset finanziari: i prezzi salgono, i multipli si espandono e i premi per il rischio si comprimono.
Nel breve periodo, il mercato beneficia di questa spinta, ma nel lungo termine la combinazione tra valutazioni elevate e tassi reali bassi può diventare pericolosa.
Perché questa volta è diverso
In passato, i programmi di QE venivano introdotti in fasi di crisi profonda. Le azioni erano a sconto, il credito era scarso e l’inflazione troppo bassa. Il QE era quindi uno “stimolo dentro una depressione”, necessario per riattivare l’economia.
Oggi, invece, la Fed si prepara ad allentare in un contesto opposto. L’economia statunitense cresce a ritmi solidi (circa +2% su base annua), la disoccupazione è al 4,3%, l’inflazione rimane sopra il 3% e gli spread di credito sono ai minimi. L’S&P 500 tratta su multipli elevati, con un earnings yield del 4,4% contro un Treasury decennale al 4%, il che implica un equity risk premium di appena 0,3% — uno dei più bassi degli ultimi vent’anni.
In sintesi: la Fed sta stimolando in un momento di piena euforia di mercato. È per questo che Dalio lo definisce “stimulus into a bubble” (stimolo in una bolla).
La dinamica del “Big Debt Cycle”
Il ritorno al QE avviene in parallelo con una politica fiscale fortemente espansiva. Il Tesoro americano continua a finanziare deficit elevati, emettendo titoli a breve scadenza per compensare la domanda debole sul lungo termine. Se la Fed inizierà a comprare questi titoli, il risultato sarà una monetizzazione del debito pubblico.
Si tratta di una dinamica classica delle fasi finali del Big Debt Cycle, in cui i governi, per sostenere la crescita e gestire l’onere del debito, combinano politiche fiscali e monetarie espansive. Nel breve periodo, questo approccio alimenta la liquidità e sostiene i mercati; nel medio-lungo termine, però, accresce il rischio inflazionistico e riduce la credibilità della Banca centrale.
I segnali da monitorare
Tre sono gli indicatori principali da osservare nei prossimi mesi:
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Il bilancio della Fed – se riprenderà a crescere in modo consistente, il QE sarà effettivo, non solo annunciato;
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I tassi reali e gli spread di credito – la loro continua compressione indica euforia e scarso premio per il rischio;
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Le aspettative di inflazione (break-even) – se iniziano a salire mentre i tassi reali smettono di scendere, è il segnale che la liquidità si sta riversando sull’economia reale.
Quando questi tre fattori si muovono insieme, la storia suggerisce che ci si trova nella fase finale del ciclo, dove la liquidità crea un ultimo “melt-up” (ultima spinta) prima del punto di rottura.
Le conseguenze sui mercati
Nel breve termine, il ritorno del QE tende a favorire gli asset a lunga durata, come la tecnologia, l’intelligenza artificiale e i titoli growth, insieme a oro e asset reali. Tuttavia, se l’inflazione dovesse tornare a salire in modo consistente, il rischio è quello di una correzione simultanea su azioni e obbligazioni, come già visto nel 2022.
Per gli investitori, il contesto attuale è quindi paradossale: la liquidità sostiene ancora i prezzi, ma i fondamentali macro iniziano a deteriorarsi. Continuare a cavalcare la fase di melt-up può funzionare, ma solo mantenendo un occhio costante sui possibili segnali di inversione.
Intervento necessario o eccessivo?
Definire “tecnica” l’interruzione del QT è fuorviante. Se la Fed espande il bilancio, taglia i tassi e lo fa in un contesto di mercati ai massimi e deficit record, non si tratta più di un semplice aggiustamento operativo: è politica monetaria espansiva in piena fase di bolla.
Come in ogni fine ciclo, l’effetto iniziale è quello di un ultimo slancio di euforia, ma più la spinta si prolunga, più cresce il rischio di instabilità. La vera domanda, oggi, non è se la Fed riuscirà a evitare una recessione, ma quanto potrà prolungare una bolla finanziaria che essa stessa sta alimentando.