Deutsche Bank e OpenAI sono due facce della stessa medaglia. L’intelligenza artificiale continua a spingere l’economia globale verso una nuova fase di espansione tecnologica, ma anche di forte stress finanziario. Due notizie emerse nelle ultime ore – una dall’Europa e una dagli Stati Uniti – evidenziano in modo netto quanto il boom dell’AI stia diventando difficile da sostenere.
Da un lato Deutsche Bank sta studiando coperture per ridurre l’esposizione ai data center, settore in cui ha investito miliardi di dollari negli ultimi anni. Dall’altro, OpenAI, la società creatrice di ChatGPT, sta chiedendo al governo americano garanzie sui prestiti per finanziare un piano infrastrutturale che, nel tempo, potrebbe superare i 1.000 miliardi di dollari. Due eventi apparentemente scollegati, ma che raccontano la stessa cosa: il mercato dell’AI è diventato un rischio sistemico.
Deutsche Bank teme la bolla dei data center
Secondo quanto riportato dal Financial Times, la banca tedesca sta esplorando strategie di hedging per proteggersi da una potenziale bolla nel settore dei data center, alimentata dai colossali investimenti di Microsoft, Amazon e Alphabet.
Deutsche Bank avrebbe concesso miliardi di dollari di finanziamenti a società che costruiscono infrastrutture per l’AI, come la svedese EcoDataCenter e la canadese 5C. Tuttavia, la rapida obsolescenza tecnologica di queste strutture e la dipendenza da contratti a lungo termine con i grandi hyperscaler stanno generando timori crescenti.
Per ridurre il rischio, la banca starebbe valutando:
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Posizioni corte (short) su un paniere di azioni legate all’intelligenza artificiale;
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Operazioni di Synthetic Risk Transfer (SRT), che consentono di trasferire parte del rischio di default a investitori terzi attraverso strumenti derivati.
Tuttavia, entrambe le soluzioni si scontrano con un problema pratico: coprirsi in un mercato euforico è costoso. Gli strumenti SRT richiedono infatti un portafoglio di prestiti diversificato e un rating adeguato, mentre scommettere contro le azioni AI in un contesto di rialzi esplosivi implica un rischio asimmetrico elevato.
Secondo le stime riportate dallo stesso FT, gli investimenti globali necessari per costruire le infrastrutture dell’intelligenza artificiale potrebbero raggiungere i 3.000 miliardi di dollari entro il 2030. Un numero che, se confermato, spiegherebbe la crescente preoccupazione del sistema bancario.
OpenAI chiede aiuti statali per finanziare l’espansione
Contemporaneamente, OpenAI sta cercando un accordo con il governo degli Stati Uniti per ottenere garanzie federali sui prestiti, una misura pensata per ridurre il costo del finanziamento necessario a sostenere il suo piano infrastrutturale.
Durante una conferenza organizzata dal Wall Street Journal, la CFO Sarah Friar ha spiegato che il sostegno governativo potrebbe “aiutare ad attrarre gli enormi investimenti necessari per l’AI computing e le infrastrutture, data l’incerta durata di vita dei data center.”
In altre parole, OpenAI – oggi la più grande società privata del mondo – vorrebbe che lo Stato americano fungesse da assicuratore dei propri debiti, permettendo così di prendere in prestito denaro a tassi più bassi. Si tratterebbe di una proposta senza precedenti per una società della Silicon Valley, ma che riflette un contesto in cui anche i colossi dell’AI iniziano a sentire il peso della leva finanziaria.
Il paradosso dell’AI: crescita illimitata, risorse limitate
Se Deutsche Bank cerca coperture e OpenAI chiede garanzie pubbliche, significa che il boom dell’intelligenza artificiale ha raggiunto una fase di maturità finanziaria molto più fragile del previsto.
Dietro ai grandi progetti di supercomputer, chip avanzati e infrastrutture globali, si nasconde un problema strutturale: il costo energetico e finanziario dell’AI cresce in modo esponenziale, mentre i ritorni economici concreti, per ora, non compensano l’enorme quantità di capitale impiegato.
La corsa verso la “superintelligenza” – come la definiscono gli stessi hyperscaler – rischia quindi di trasformarsi in una corsa alla sostenibilità: non più tecnologica, ma finanziaria.
E se a muoversi con cautela è una banca sistemica come Deutsche Bank, e a chiedere supporto è una società valutata centinaia di miliardi di dollari come OpenAI, allora il messaggio è chiaro: il futuro dell’AI non dipenderà solo dall’innovazione, ma anche da chi sarà disposto a finanziarla.