Con Wall Street chiusa per festività, molti ne approfittano per fare il punto della situazione e tracciare un bilancio delle proprie strategie di investimento. Da inizio anno, l'indice
S&P 500 ha perso il 10,18% del suo valore, messo sotto pressione dalla guerra commerciale innescata dai dazi del presidente degli Stati Uniti
Donald Trump. Eppure, dopo la sua elezione, l'ebbrezza generale degli investitori faceva pensare a un lungo periodo di rialzi dando continuità a un rally che per due anni aveva macinato record storici.
La realtà però ha preso il sopravvento quando l'inquilino della Casa Bianca ha dato prova di mettere in pratica ciò che aveva promesso in campagna elettorale: tariffe per tutti. Gli investitori pensavano che le minacce di Trump sarebbero cadute nel vuoto, o quantomeno si sarebbero in parte dissolte una volta che il tycoon si fosse insediato nello Studio Ovale.
Memori anche di quanto avvenuto durante la prima amministrazione Trump del 2016-2020, in cui i dazi furono ridimensionati dagli accordi raggiunti in seguito. Stavolta, il leader repubblicano è stato più aggressivo, attuando poche concessioni, soprattutto alla Cina, principale antagonista degli Stati Uniti a livello economico, tecnologico e commerciale.
Tutto ciò ha creato scompiglio nei mercati azionari, specialmente a Wall Street e soprattutto dopo quello che Trump ha definito "il Giorno della Liberazione" del 2 aprile, allorché ha annunciato i
dazi reciproci verso tutto il mondo. La Borsa americana ha avuto pochi momenti di euforia negli ultimi mesi. Uno è stato quello del 9 aprile, quando il magnate newyorchese ha congelato per 90 giorni i dazi verso dozzine di nazioni. L'indice S&P 500 è balzato di quasi 10 punti percentuali, segnando il terzo maggior rialzo dalla Seconda guerra mondiale.
Wall Street: gli strategist vedono gli indici al ribasso
L'umore degli investitori resta comunque depresso e l'impressione che se ne trae a livello generale è che fino a quando non verrà viene raggiunto un accordo su larga scala sui dazi che scongiuri l'insorgere di una recessione, o addirittura di una
stagflazione, negli Stati Uniti, difficilmente ci sarà una ripresa del rally di lungo periodo.
Gli strategist nel frattempo hanno abbassato le loro previsioni di fine anno per il principale benchmark borsistico americano.
Sulla base di un sondaggio condotto da Bloomberg, nel mese di aprile la proiezione media per l'S&P 500 è diminuita dell'8% rispetto a marzo. In termini numerici, in media, il consensus vede l'indice a 6.047 punti, contro i 6.539 punti previsti il mese prima. Se il target venisse rispettato, si tratterebbe di un incremento di appena 2,8 punti percentuali rispetto alla chiusura del 2024 di 5.881 punti, ovvero la peggiore performance annuale dal 2022.
Del campione intervistato nel sondaggio composto da 21 strategist, ben 13 hanno rivisto al ribasso le loro aspettative. Il più pessimista è stato Dubravko Lakos-Bujas di JP Morgan Chase, che ha tagliato l'obiettivo del 20% a 5.200. Altri, come gli esperti di Bank of America, di Evercore ISI, di Oppenheimer e di Ned Davis Research hanno effettuato sforbiciate delle stime di oltre il 15%.