La situazione che sta vivendo la Cina in questo momento desta molte preoccupazioni che potrebbero ripercuotersi a livello globale. Il settore immobiliare sta cominciando a contare i default. L'ultima vittima è stata il gruppo immobiliare Sinic Holdings, che ha mancato una scadenza di 250 milioni di dollari.
Questa si aggiunge al fallimento nelle scorse settimane di Fantasia Holdings, ma sono molte le aziende che ormai cercano di divincolarsi nelle sabbie mobili. La madre di tutte loro, Evergrande, rappresenta il grande bubbone pronto a scoppiare, quantomeno se non vi sarà un intervento deciso da parte dello Stato per evitare il peggio.
Le titubanze di Pechino si osservano anche su un altro fronte. L'economia cinese sta rallentando in maniera inquietante, come dimostrano i dati rilasciati questa settimana sul PIL di settembre, precipitato in un mese dal 7,9% al 4,9%. La crisi energetica che ha interrotto molte attività produttive è il principale responsabile, ma il Governo non ha preso alcuna decisione sugli eventuali stimoli monetari e fiscali per rilanciare il Paese.
A onor del vero poco può fare sull'aumento dei prezzi energetici con un atteggiamento più accomodante, perché il problema non proviene dalla domanda ma dall'offerta. Tuttavia, la sensazione che trasmette al mercato è quella di essere come un navigatore senza stelle in mezzo al mare in tempesta. Alla luce di questo, gli analisti di Bank of America hanno abbassato le previsioni sulla crescita cinese dello 0,3% per il 2021 e dell'1,3% per il 2022.
Crisi cinese: più colpite le aziende europee
Lo stato di cose che si sta vivendo in Cina si è riverberato sulle aziende europee che sono in stretti rapporti d'affari con il Dragone. Dalle costruzioni alle miniere, dalle automobili ai beni di consumo e di lusso, tutti questi comparti in Europa stanno pagando dazio e ciò si è trasferito sulle quotazioni in Borsa. Tra i più colpiti troviamo ad esempio i gruppi minerari BHP e Rio Tinto, i produttori di beni di lusso come Swatch Group e Financière Richemont, ma se ne potrebbero elencare altri.
Negli Stati Uniti la situazione per ora sembra migliore. Le società che hanno una forte esposizione in Cina mantengono una resilienza più viva rispetto ai gruppi europei, in virtù del fatto che nel mercato azionario statunitense sono presenti maggiormente azioni a trazione tecnologica. Tesla ad esempio in questo eccelle. Nell'ultimo trimestre è riuscita a registrare un boom di vendite in Cina, nonostante la situazione critica che sta vivendo il Paese e una carenza di semiconduttori che sta annientando tutto il settore automobilistico mondiale.
Crisi cinese: per BofA alla fine si rifletterà su Wall Street
Gli analisti di Bank of America ritengono però che alla lunga anche le società americane verrebbero penalizzate da una perdurante crisi cinese. La banca d'affari vede lo sfilacciamento della globalizzazione e una tendenza al protezionismo da parte delle 2 principali superpotenze mondiali, i fattori che andranno a pesare sulle quotazioni azionarie.
In particolare saranno proprio i titoli tecnologici che in questo momento stanno resistendo meglio ad essere i più vulnerabili, in quanto i loro guadagni saranno maggiormente correlati a una crescita cinese più lenta piuttosto che a un'espansione dell'economia americana più veloce. Tutto questo per gli economisti di BofA si tradurrà in una riduzione degli utili per azione del 4,4%.