UniCredit sta pensando a un'uscita dalla Russia. Il suo Amministratore Delegato, Andrea Orcel, effettuerà una revisione in tempi rapidi per valutare le condizioni per abbandonare definitivamente il mercato russo. La seconda banca italiana è rimasta una delle poche ad avere una presenza cospicua a Mosca, per effetto della sua rete capillare di attività retail e commerciali.
La scorsa settimana l'istituto di Piazza Gae Aulenti ha affermato che, qualora si verificasse lo scenario più estremo, ovvero di annullamento di tutti gi asset russi, le perdite per la banca ammonterebbero a più di 7 miliardi di euro e l'impatto sul CET1 Ratio sarebbe del 2%, scendendo quindi da 13 a 11 punti percentuali. Orcel stamattina ha ribadito la sua intenzione di voler lasciare la Russia, ma ha precisato come vadano fatte anche valutazioni di opportunità, dal momento che circa 4.000 persone lavorano nel territorio e il gruppo copre 1.500 aziende.
Inoltre UniCredit ha in corso 7,8 miliardi di euro nella sua unità di credito al consumo russa e un'esposizione verso le società per 4,5 miliardi di dollari, di cui circa il 5% colpito dalle sanzioni. Quanto all'esposizione in derivati nei confronti delle banche russe, la cifra ammonta a 300 milioni di euro. La banca ha inoltre affermato che se il rublo dovesse azzerarsi, la perdita massima potenziale sarebbe di circa 1 miliardo di euro. Il titolo a Piazza Affari oggi è in rialzo nell'ordine di un punto percentuale, dopo una partenza negativa.
Russia: le altre banche esposte che potrebbero ritirarsi
UniCredit è, insieme all'austriaca Raiffeisen Bank e alla francese Société Générale, tra le più esposte alla Russia. La banca austriaca ha annunciato il 1° marzo che sospenderà il pagamento dei dividendi 2021 per effetto delle ripercussioni della guerra Russia-Ucraina.
Quanto all'istituto transalpino invece gli azionisti sono stati rassicurati che quanto sta succedendo nell'Est Europa non avrà un impatto diretto sulle cedole. UniCredit non ha messo in discussione il dividendo di 1,2 miliardi di euro, ma ha avvertito che i piani di buyback potrebbero essere rivisti se il conflitto dovesse subire un'escalation, sebbene per ora i riacquisti siano confermati a 2,58 miliardi di euro.
Il settore bancario comunque è uno degli ultimi a ritirarsi dalla Russia, proprio per le implicazioni anche a livello sistemico che avrebbe un'azione di massa. Negli ultimi giorni sono state aziende del calibro di JP Morgan e Goldman Sachs a fare le valigie, recependo alcune direttive del Governo americano, mentre Deutsche Bank ha annunciato che sta per terminare tutte le operazioni nel Paese.
Tra le banche italiane, anche la numero 1, Intesa Sanpaolo, nei giorni scorsi ha ventilato l'ipotesi di chiudere i ponti con la Nazione del Premier Vladimir Putin. Nel posto attualmente la banca opera con 28 filiali e più di 900 dipendenti.