Nella storia degli investimenti, uno dei tentativi più seguiti e spesso più frustranti degli investitori è stato sempre quello di voler battere il mercato. Le statistiche però dimostrano che sono veramente in pochi quelli che ci sono riusciti. In un arco temporale lungo a Wall Street, i gestori dei fondi hanno quasi tutti ottenuto rendimenti più bassi dell'indice S&P 500, anche senza contare le esose commissioni di gestione.
Questo è poco incoraggiante per un risparmiatore che si affida ai fondi gestiti per costruire le sue strategie di portafoglio. Alla fine, una gestione passiva risulta essere più profittevole di una attiva. Quindi perché non sfruttare questa opportunità? Una possibilità per farlo nel migliore dei modi è quella di applicare la cosiddetta strategia del "dollar cost-averaging". Nei prossimi paragrafi vedremo di cosa si tratta e quali sono i punti di forza e di debolezza.
Dollar cost-averaging: cos'è
Il dollar cost-averaging è una strategia di portafoglio che consiste nel partire con un investimento base, preferibilmente un portafoglio ben diversificato costituito da indici azionari e obbligazionari, e aggiungere periodicamente una cifra più o meno fissa. La cadenza potrebbe essere settimanale, mensile o trimestrale. Tutto dipende dai flussi di entrata dell'investitore, dal suo patrimonio complessivo e dalle sue esigenze finanziarie.
Sono diversi oggi gli intermediari finanziari che propongono dei piani di acquisto periodico (soprattutto mensile) su un determinato investimento. A ogni scadenza, l'investitore non dovrà preoccuparsi di nulla, perché in automatico il suo conto di investimento viene alimentato da una cifra fissa attinta dal conto corrente bancario o dalla liquidità disponibile nel conto trading.
La formula è particolarmente adatta ai soggetti che non hanno troppo tempo a disposizione per occuparsi dei propri investimenti e quindi desiderano che il capitale lavori per loro. Il classico esempio è quello del professionista o dell'imprenditore che a intervalli regolari accumulano denaro. La strategia si adatta meno a coloro il cui capitale è molto variabile, per cui in alcuni periodi potrebbero aver bisogno di prendere denaro dal proprio patrimonio per far fronte alle spese.
Dollar cost-averaging e la triade d'oro
Il dollar cost-averaging è una delle colonne portanti della "triade d'oro" dell'indice S&P 500. Questa si basa sul concetto che il benchmark statunitense costruisce la sua forza su tre aspetti, che lo rendono più vantaggioso rispetto agli hedge fund.
Il primo è una performance annua media, senza considerare i dividendi, di oltre il 10%, come dimostrano le statistiche dell'ultimo secolo. Il secondo è la potenza dell'interesse composto, che permette di reinvestire ogni anno non solo il capitale ma anche gli interessi accumulati, amplificando in questo modo i guadagni. Il terzo è appunto l'aggiunta periodica di contributi che rende ancora più potente la formula dell'interesse composto. Questo perché
a ogni aggiunta, il rendimento si applica su una base di capitale più elevata.
Wall Street: cos'è la triade d'oro dell'S&P 500
Punti di forza e debolezza
L'innegabile punto di forza del dollar cost-averaging è il fatto che l'investimento periodico sfrutta al meglio le varie situazioni di mercato, sia in fase di calo che nei momenti di rialzo. Questo perché il pilota automatico al portafoglio comporta un duplice effetto. Il primo è che impedisce di spendere troppo quando il mercato sembra più attraente ma in realtà è più pericoloso. Infatti, a prezzi più alti la stessa cifra periodica investita acquista una quantità minore di asset. Il secondo è che compra a prezzi più economici quando il mercato crolla e per di più una quantità maggiore di asset con la stessa cifra.
In un periodo lungo, questi vantaggi si fanno sentire molto, anche nelle situazioni più estreme. Uno studio della società di ricerca finanziaria Ibbotson Associates riferito alla
Grande Recessione del '29 aveva scoperto che un capitale di 12.000 dollari investito nell'indice S&P 500 a settembre di quell'anno allorché iniziò il crollo in Borsa, dieci anni dopo sarebbe sceso a 7.223 dollari senza fare nulla. Se invece lo stesso investimento fosse partito da 100 dollari e ne fossero stati aggiunti altrettanti ogni mese, alla fine dello stesso periodo il capitale totale sarebbe stato di 15.571 dollari.
Un altro grande vantaggio è quello di non doversi preoccupare di cosa succede nei mercati finanziari, ovvero dei crolli, dei boom, delle bolle, delle notizie, delle analisi, delle profezie dei guru e di quant'altro possa turbare e condizionare l'umore dell'investitore. Si tratta solo di adottare un atteggiamento difensivo azionando il pilota automatico e lasciando che il capitale lavori da solo.
Ci sono però due punti che non sempre rendono praticabile questo modello. Il primo si collega a uno dei punti di forza citati, ossia quello di disinteressarsi di tutto e aspettare passivamente che il capitale si accumuli. Questo concetto collide purtroppo con la natura dell'essere umano, che tende a interagire con l'ambiente circostante. In altre parole, l'investitore avrà la pazienza di aspettare passivamente tutti quegli anni che l'investimento faccia il suo corso senza farsi tentare dalla voglia di metterci mano? Chi impiega il suo capitale negli investimenti finanziari, inevitabilmente finisce per interessarsi di tutto quello che succede intorno e di conseguenza per farsi condizionare.
Il secondo punto è il fatto che non tutti hanno la possibilità di destinare in maniera puntuale una quota fissa periodica all'investimento con assoluta certezza. Soprattutto in un contesto del lavoro in costante mutamento, programmare un impegno del genere potrebbe essere non sostenibile e quindi far venir meno l'efficacia della strategia.