Le banche d'investimento sono a caccia del debito privato delle aziende per proporre il rifinanziamento attraverso le obbligazioni PIK (Payment-In-Kind, pagamento in natura). Si tratta di una forma di ristrutturazione del debito non molto diffusa, che consente alle società di posticipare il pagamento degli interessi dalle scadenze naturali alla fine della vita di un'obbligazione. Ciò avviene attraverso un meccanismo di "attivazione/disattivazione", secondo cui è possibile decidere volta per volta se effettuare il pagamento alla scadenza normale delle cedole oppure se rinviare tutto al momento del rimborso del titolo sostenendo un costo aggiuntivo.
Molte società si sono rivolte al credito privato negli ultimi anni a causa di tassi di interesse elevati nel settore bancario. In tale contesto, alcune hanno rifinanziato il debito in essere attraverso obbligazioni PIK, ma sempre limitatamente al mercato privato. Ora le banche stanno offrendo la possibilità di rifinanziare gli stessi strumenti con obbligazioni PIK nel mercato pubblico. In questo modo le aziende potrebbero avere maggiore flessibilità e utilizzare la liquidità disponibile per far crescere il business e generare cash flow. Le valutazioni chiaramente vanno fatte tenendo conto di quanto potrà essere il valore aggiunto dall'impiego della liquidità. Ad esempio, differire il pagamento di una cedola del 10%, sostenendo alla fine del contratto un tasso dell'11%, è conveniente se l'investimento della liquidità nell'azienda è in grado di produrre un ritorno superiore all'1%.
Dal canto loro le banche hanno la possibilità di recuperare il terreno perduto nei confronti dei finanziatori privati, in quanto sono in grado di vendere debito a un costo molto più basso operando in leva in previsione dei tagli dei tassi di interesse. "Il mercato è più accessibile rispetto agli ultimi due anni e quindi le banche stanno cercando modalità per recuperare lo spazio occupato dai finanziatori diretti", ha affermato Ambarish Dash, partner dello studio legale Herbert Smith Freehills.
Alcuni istituti di credito stanno lanciando i PIK anche per finanziare i dividendi societari. Una pratica, questa, che aveva assunto una certa popolarità quando i tassi di interesse erano molto bassi e nel periodo antecedente la grande crisi del 2008.
Obbligazioni PIK e banche, attenzione ai rischi
Le obbligazioni PIK proposte dalle banche possono rappresentare un'ottima soluzione in questo momento per molte aziende indebitate a tassi troppo elevati, in quanto permettono di estinguere un intero debito con i proventi derivanti dalle PIK e riprogrammare i flussi sulla base della propria gestione aziendale. Allo stesso modo, le aziende possono far fronte agli impegni di una PIK magari con un'
offerta pubblica iniziale o vendendo un ramo di attività.
"Il PIK consente a un'azienda di aumentare il debito senza incorrere nell'onere del servizio del debito", ha affermato Giacomo Reali, partner specializzato in obbligazioni ad alto rendimento presso lo studio legale Linklaters. "L'azienda può utilizzare la liquidità extra per diventare un'azienda migliore, in modo da potersi permettere di rifinanziare un debito più grande lungo la linea".
Tuttavia, non va sempre così liscio, bisogna fare molta attenzione a una gestione disciplinata. Infatti, il debito alla fine si accumula e se nel frattempo l'azienda non è riuscita a migliorare il business, c'è il rischio di non far fronte a impegni che a quel punto diventano più gravosi. Un caso emblematico è stato quello di EB Holdings II, la holding dell'impero leader mondiale di Howard Meyers, che nel 2007 ha firmato un prestito PIK da 600 milioni di euro con gli hedge fund che, nel 2019, era diventato di 2,5 miliardi. La società ha chiesto quell'anno la protezione del Chapter 11 della legge fallimentare statunitense.
"In uno scenario di default, ci si aspetterebbe che il valore scenda al di sotto del debito PIK, con conseguenti recuperi molto bassi, sia che si tratti di un prestatore bancario o di un fornitore di credito privato", ha affermato Paul Watters, responsabile della ricerca sul credito EMEA di S&P Global Ratings.