La curva dei rendimenti è una delle più importanti e famose relazioni studiate nella finanza, sia da un punto di vista teorico che operativo. La curva dei rendimenti è intrinsecamente legata alle decisioni delle Banche centrali che, variando i tassi d’interesse, determinano i rendimenti obbligazionari.
Conoscere la curva dei rendimenti e saperla interpretare permette di fare previsioni sull’andamento dell’economia e costituisce dunque uno strumento importante per tutti gli operatori dei mercati finanziari. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Curva dei rendimenti: come funziona e interpretazione
La curva dei rendimenti può essere definita come la rappresentazione grafica della relazione fra le varie scadenze di uno stesso tipo di titolo e il relativo rendimento. In altre parole, avremo sull’asse delle ordinate i rendimenti che il titolo assume in corrispondenza di ciascuna scadenza e sull’asse delle ascisse il tempo, dunque le scadenze.
Solitamente la curva dei rendimenti presenta un andamento crescente. Il significato economico di questa forma della curva è abbastanza intuitivo: gli investitori che acquistano un’obbligazione, si aspettano un rendimento tanto più alto quanto più è avanti nel tempo la scadenza dell’obbligazione stessa.
Prestare denaro a un’emittente di titoli, sia esso sovrano o corporate (una società), è tanto più rischioso e incerto quanto più la data di restituzione del prestito è in là nel tempo. Per esempio, chi compra un titolo decennale, rinuncia al capitale investito per 10 anni e esponendosi a un rischio maggiore (aspettandosi un rendimento maggiore) di chi invece compra un titolo con scadenza trimestrale. Lo scenario appena descritto rappresenta la normalità, ma la curva non è statica e cambia continuamente al variare dei dei tassi di interesse.
Le forme della curva dei rendimenti, tutto quello che c’è da sapere
Vediamo ora quali sono le forme che può presentare la curva dei rendimenti obbligazionari. Come già accennato precedentemente, la forma più frequente della curva dei rendimenti è quella con inclinazione positiva, ma può variare a seconda dello scenario. Vediamole tutte e tre.
Piatta: è la forma più insolita, tipica delle fasi di transizione. Gli investitori hanno aspettative omogenee sui tassi d’interesse a breve o a lungo termine, il che segnala una percezione di cambiamento nel ciclo economico e di conseguenza nella politica monetaria delle Banche centrali. In sostanza, gli investitori credono che la Banca centrale, per rispondere al ciclo economico, cambierà il livello dei tassi d’interesse oggi o in futuro e in questa fase intermedia i rendimenti attesi diventano più omogenei. Il processo di appiattimento della curva viene chiamato flattening.
Inclinata positivamente: questa è la forma normale della curva dei rendimenti. Vista in un’ottica di ciclo economico, la curva inclinata al rialzo rappresenta aspettative di crescita dell’economia e livelli dei tassi futuri maggiori di quelli attuali. Un’accentuazione dell’inclinazione positiva viene chiamata steepening.
Se i livelli dei tassi d’interesse variano in modo omogeneo su tutte le scadenze, assisteremo a uno spostamento parallelo della curva senza una variazione della sua inclinazione. Parliamo invece di “ingobbimento” della curva quando variano significativamente i rendimenti di alcune scadenze intermedie e la curva assume la forma di una gobba, situazione che si è presentata durante la crisi dei debiti sovrani europei del 2011-12.
Inclinata negativamente: partendo da una forma positiva, se cambiano le prospettive macroeconomiche la curva dei rendimenti può appiattirsi. Se le prospettive sull’economia di un dato Paese o sulla situazione di una data azienda nel caso di obbligazioni corporate - si deteriorano in modo significativo, assistiamo al fenomeno dell’inversione: i tassi di interesse a breve termine saranno più alti di quelli a lungo termine. Questo fenomeno, oltre ad essere chiaramente illogico, è anche preoccupante per gli operatori dei mercati finanziari, dal momento che rappresenta un segnale di recessione. Gli investitori in questo caso ritengono sia più rischioso il breve termine del lungo termine e si attendono un livello dei tassi d’interesse più basso in futuro, segno che la Banca centrale dovrà abbassare il costo del denaro per far fronte a una contrazione dell’economia e dell’inflazione.
Curva dei rendimenti invertita: perché succede?
Il motivo principale che determina l’inversione della curva è un rialzo dei tassi di riferimento da parte delle Banche centrali. La Banca centrale controlla la parte a breve della curva, mentre la forma della parte a lunga è determinata da domanda e offerta.
Generalmente la Banca centrale alza i tassi per raffreddare le spinte inflazionistiche dopo un periodo di espansione economica. Con tassi di interesse più alti, prendere denaro a prestito diventa più oneroso e l’attività economica rallenta. Di conseguenza la parte a breve della curva si alza, sostenuta dalla banca centrale, mentre la parte a lunga scende sull’aspettativa di una crescita economica futura più contenuta di quella attuale.
Gli investitori preferiscono investire in titoli a scadenza lunga, assicurandosi così una remunerazione ai tassi attuali per un lungo periodo, perché anticipano che in futuro i tassi potrebbero essere più bassi a causa del rallentamento economico.
In termini di flussi, l’anticipazione di un rallentamento dell’economia e un conseguente ribasso dei prezzi degli asset rischiosi, provoca il cosidetto “flight to quality” verso titoli di Stato a lungo termine. Questo ha l’effetto di far salire i prezzi dei titoli a lungo e farne così scendere i rendimenti.
Storicamente vi è un ritardo temporale tra l’inversione della curva e l’inizio della recessione. In media, l’inversione ha anticipato le recessioni di circa 10 mesi. Campbel Harvey, Research associate al National Bureau of Economic Research (NBER) e uno dei pionieri dell’utilizzo dell’inclinazione della curva dei rendimenti per prevedere l’arrivo di una recessione, suggerisce di utilizzare come segnale la media del differenziale tra il tasso a 10 anni e quello a 3 mesi nel corso di un trimestre.