Il petrolio ha conquistato le copertine dei giornali nel mese di marzo scorso, quando Russia e Arabia Saudita hanno iniziato una violenta guerra dei prezzi. A far scoppiare la miccia è stato il mancato accordo di ridurre l'offerta di greggio per contrastare il calo della domanda dovuto alla crisi pandemica. Da quel momento è cominciato un calo rovinoso delle quotazioni che ha portato due mesi dopo i future del WTI in territorio negativo per la prima volta nella storia.
La vicenda ha riportato alla memoria ciò che successe quasi cinquant'anni fa, esattamente il 6 ottobre 1973, quando ebbe inizio il primo grande shock petrolifero della storia. Allora però si verificò l'esatto opposto, con le quotazioni del greggio che salirono vertiginosamente. Ripercorriamo quindi gli eventi che segnarono a lungo gli equilibri internazionali tra i Paesi produttori e quelli importatori dell'oro nero.
Il primo shock petrolifero: le origini
Correva l'anno 1973, nel mese di ottobre, quando Egitto e Siria in tandem attaccarono Israele iniziando una guerra che durò appena 20 giorni. Il tempo sufficiente perchè le truppe di Gerusalemme avessero la meglio costringendo alla ritirata i nemici alleati.
Questo breve lasso di tempo fu abbastanza però per creare sconquassi nel mercato petrolifero. Gli alleati di Siria ed Egitto troncarono le esportazioni di greggio verso i Paesi della NATO che appoggiarono Israele; e lo stesso fecero i membri dell'OPEC.
La decisione scatenò una spirale rialzista delle quotazioni del petrolio che in poco tempo riuscì a toccare vette del 300% rispetto ai prezzi antecedenti. Negli Stati Uniti il prezzo a gallone crebbe rapidamente da 30 centesimi a un dollaro e le Sette Sorelle non fecero molto per impedire la lievitazione dei prezzi.
Il primo shock petrolifero: la reazione dell'Occidente
La situazione colse di sorpresa un pò tutti i Paesi dell'Europa occidentale, che reagirono in maniera frenetica e confusionaria. Le Nazioni più danneggiate dal rincaro del greggio promossero dei programmi governativi orientati a limitare il consumo di energia. Anzi, attraverso le proprie compagnie di bandiera, cercarono fonti di approvvigionamento alternative, come il nucleare e il gas naturale.
L'Italia non fece di meno, essendo molto dipendente dai rifornimenti dei Paesi arabi. Così adottò delle misure draconiane finalizzate al risparmio energetico che coinvolsero la libertà di circolazione delle auto, l'illuminazione delle strade e degli esercizi commerciali e persino l'orario (che fu ridotto) dei programmi televisivi. Nel contempo, ENEL avviò la costruzione di centrali nucleari per rifornire di energia che non fosse quella petrolifera.
Quella fu la prima occasione in cui l'Europa si rese conto di quanto la sua politica energetica fosse fragile, poiché dipendente da ciò che avveniva a livello politico ed economico in Medio Oriente.
Gli Stati Uniti invece riuscirono ad attutire il colpo in virtù di una minore subordinazione verso i Paesi arabi sul fronte energetico e quindi non dovettero adoperare manovre economiche particolarmente austere per reagire allo shock. Addirittura, sotto certi aspetti il Governo USA trasse vantaggio dai prezzi alti poiché in quel modo poteva rendere competitive alcune grandi risorse che erano sotto il suo controllo, come l'energia nucleare, il carbone indigeno e il petrolio dell'Alaska.
Il primo shock petrolifero: le conseguenze economiche
Purtroppo gli effetti nefasti dei provvedimenti europei di contenimento della spesa energetica non tardarono ad arrivare. L'Europa si ritrovò priva di risorse per una vera ristrutturazione industriale degli impianti, soprattutto nei Paesi dell'area orientale che conobbero un periodo di grande svalutazione monetaria.
Tutto questo andò a incidere sulla crescita che subì una brusca battuta d'arresto rispetto al passato. L'inflazione cominciò a salire in maniera preoccupante e il potere d'acquisto dei salari si abbassò notevolmente.
In tutti i Paesi europei fu introdotta la tassa sulla benzina che, in quella situazione di crisi, da un lato generò profitti per lo Stato ma dall'altro impoverì i consumatori che videro una nuova pericolosa minaccia inflazionistica.
Al contrario i Paesi esportatori vissero un periodo glorioso in quanto l'aumento delle tariffe portò automaticamente a un corrispondente incremento delle entrate. Le risorse poi furono utilizzate per sviluppare l'industria nazionale, i progetti di armamento finalizzati alle guerre e i progetti agricoli da implementare nelle zone desertiche. In questo furono particolarmente protagonisti l'Iraq e la Libia. L'Iran invece investì una parte degli introiti nell'acciaieria occidentale, come dimostra ad esempio l'acquisto del 5% delle azioni della Krupp.
Il primo shock petrolifero: la fine
Tutto questo durò fino al 1980, quando il dittatore iracheno Saddam Hussein inaugurò la prima Guerra del Golfo attaccando l'Iran. Un anno prima c'era stata la rivoluzione islamica a Teheran, che aveva innescato il secondo shock petrolifero.
Le ostilità tra i due Paesi arabi spinsero i componenti dell'OPEC ad aumentare l'offerta per colmare le quote di Iraq e Iran e quindi a diminuire i prezzi del petrolio. Piano piano il quadro politico in Medio Oriente cominciò a tranquillizzarsi e nuovi importanti giacimenti di petrolio per lo sfruttamento furono scoperti nel Mare del Nord e in Alaska.
Fu così che, dopo lunghi sette anni, si poté considerare conclusa la grande crisi energetica che segnò in maniera indelebile un intero decennio. L'insegnamento che se ne trasse fu che le società industrializzate affrontarono il progresso manifestando comunque una certa debolezza intrinseca, dovuta a una dipendenza energetica che tirò il freno a mano allo sviluppo per tanti anni. Nel contempo però per la prima volta si impose una riflessione profonda che diresse verso la ricerca di fonti alternative di energia, rivalutando a fondo il rapporto di equilibrio tra la natura e l'essere umano nell'ambito dello sfruttamento delle risorse ambientali.