Nel cuore della più recente decisione dell’OPEC+ di aumentare la produzione di petrolio si celano tensioni latenti tra i due principali attori dell’alleanza: Arabia Saudita e Russia. Secondo quanto riportato da fonti interne al cartello, i negoziati avvenuti sabato scorso sono stati più complessi del solito, segnando una fase delicata nei rapporti tra Riyadh e Mosca dopo anni di relativa cooperazione.
Arabia Saudita vs. Russia: uno scontro tra strategie opposte
L’Arabia Saudita ha cercato di spingere per un incremento più deciso della produzione, superiore ai 411.000 barili al giorno già programmati per maggio e giugno. La motivazione? Recuperare credibilità interna all’alleanza dopo che Paesi come Iraq e Kazakistan hanno sforato ripetutamente le loro quote di produzione.
Di contro, la Russia - insieme ad Oman e Algeria - ha sostenuto l’opportunità di una pausa, temendo che la domanda globale non sia ancora pronta ad assorbire un'offerta più ampia. Il compromesso trovato, e ufficializzato sabato, è stato quello di mantenere l’aumento a 411.000 bpd anche per luglio, allineandosi agli incrementi dei mesi precedenti. Una soluzione di mediazione che, pur evitando uno scontro diretto, evidenzia le divergenze strategiche tra i due giganti energetici.
OPEC+: scenario di fondo complicato
L’OPEC+, che include i membri storici dell’OPEC e altri alleati produttori di petrolio come la Russia, continua il graduale smantellamento dei tagli volontari imposti negli ultimi cinque anni per sostenere i prezzi del greggio. Finora nel 2025 sono già stati annunciati aumenti complessivi per 1,37 milioni di barili al giorno, con l’obiettivo di riportare gradualmente il mercato a una piena capacità operativa.
Tuttavia, restano in vigore ancora circa 4,5 milioni di barili al giorno di tagli, pari a circa il 4,5% della domanda mondiale, secondo le stime di Reuters. Alcuni Paesi, in particolare quelli con scarsi investimenti negli ultimi anni, potrebbero non essere in grado di recuperare rapidamente la produzione. Al contrario, l’Arabia Saudita - grazie alla sua abbondante capacità inutilizzata - è in grado di aumentare l’output e conquistare quote di mercato con maggiore agilità.
La Russia, invece, affronta un contesto più difficile: oltre agli investimenti in calo, deve fare i conti con le sanzioni occidentali derivanti dalla guerra in Ucraina, che limitano la sua possibilità di piazzare nuove forniture sul mercato internazionale.
Dopo l’annuncio, i prezzi del petrolio sono saliti di quasi il 3%, in quello che gli analisti hanno definito un "rimbalzo di sollievo". Gli operatori di mercato avevano temuto un aumento più marcato dell’offerta, che avrebbe potuto pesare sui prezzi in un contesto ancora incerto dal punto di vista della domanda. In questo contesto, vediamo ora la possibile strategia operativa.
Materie prime, petrolio WTI: analisi tecnica e strategie operative

Le quotazioni del petrolio WTI rimangono impostate al ribasso nel medio periodo, in particolare da metà gennaio 2025. Da aprile i prezzi hanno dato vita a una struttura laterale che vede come supporto area 54-55 dollari e come resistenza i 64 dollari al barile. Al momento le quotazioni rimangono nella parte di questo range e un breakout della resistenza potrebbe favorire l’implementazione di nuove posizioni in acquisto.
Per quanto riguarda la stagionalità - analizzata con la piattaforma Forecaster – gli archi temporali selezionati mostrano una potenziale fase di lateralità fino alla fine della prima decade di giugno, seguita da una possibile fase di rialzo che potrebbe estendersi fino alla fine della prima decade di luglio.


A livello operativo, si potrebbero valutare strategie rialziste in caso di segnali di forza presso il livello statico a 60 dollari al barile. In questo caso, il primo target potrebbe essere posto in prossimità della resistenza a 64 dollari, mentre un target più ambizioso potrebbe essere identificato in area 71 dollari al barile.
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