Il settore del petrolio potrebbe subire un effetto rilevante dalle sanzioni che il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ha imposto nei giorni scorsi alle principali compagnie petrolifere russe:
Rosneft e Lukoil. La riluttanza del leader russo Vladimir Putin a chiudere la guerra con l'Ucraina ha fatto perdere la pazienza a Trump, che ha compiuto il primo passo nel passaggio alla linea dura contro lo zar.
Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia, le esportazioni russe ammontano a circa 7,3 milioni di barili al giorno e rappresentano il 7% del consumo globale di petrolio greggio e combustibili raffinati. Ciò ha permesso finora a Mosca di finanziare in buona parte il sanguinoso conflitto in Ucraina. Con le ultime sanzioni, unitamente a quelle imposte in precedenza, il petrolio russo potrebbe ricevere un brutto colpo.
Petrolio: cosa è stato stabilito nelle nuove sanzioni alla Russia
Il Dipartimento del Tesoro USA ha messo in lista nera i due giganti petroliferi russi Rosneft e Lukoil, nonché tutte le entità in cui le due società detengono una partecipazione almeno del 50% direttamente o indirettamente. Cosa significa? Tutte le società o individui con sede negli Stati Uniti non potranno fare più affari con le entità sanzionate, mentre quelle non statunitensi potrebbero ricevere a loro volta sanzioni se trattano con esse.
Tutte le transazioni in corso devono essere liquidate entro il 21 novembre. Chi acquista e commercia petrolio ha convenienza a evitare le società sanzionate, perché altrimenti sarebbe fuori dalla rete globale dei servizi bancari, commerciali, assicurativi e di trasporto che sono gestiti da Stati Uniti ed Europa.
Petrolio: perché sono state introdotte le sanzioni
Secondo quanto dichiarato dal Dipartimento del Tesoro americano, la motivazione delle sanzioni è da attribuire al rifiuto di Putin di fermare la guerra in Ucraina. Colpendo le entrate fiscali derivanti dal petrolio, si vogliono prosciugare i fondi di cui la Russia si serve per prolungare il conflitto. L'amministrazione Biden aveva sanzionato a inizio di quest'anno Gazprom Neft e Surgutneftegas, ma evidentemente ciò non è stato sufficiente a far desistere Putin dall'andare avanti con il suo piano belligerante.
In gran parte, però, il governo americano aveva finora evitato di imporre misure dirette, preferendo un meccanismo di price cap per limitare le entrate energetiche del Cremlino. I sette Paesi più industrializzati hanno concordato che il petrolio di Mosca non potesse essere pagato più di 60 dollari al barile. Coloro che avessero pagato più della cifra stabilita nel tetto, sarebbero andati incontro alla perdita dell'accesso ai servizi chiave quali la spedizione, l'assicurazione e il finanziamento delle società occidentali.
Inoltre, le nazioni europee non possono importare petrolio russo via mare, a qualsiasi prezzo. Questo limite però è stato scavalcato in quanto una parte del petrolio russo raggiunge comunque l'Europa attraverso prodotti raffinati provenienti da Paesi che lo hanno lavorato e trasformato. L'occidente ha anche sanzionato entità di Paesi terzi che hanno commerciato greggio russo, tra cui petroliere e operatori indiani e cinesi.
Petrolio: come le sanzioni influenzeranno la Russia
Il risultato delle sanzioni fin qui attuate non è stato però come quello sperato. Le esportazioni petrolifere russe si sono mostrate molto resilienti, raggiungendo un massimo di 11 mesi a 1,5 miliardi di dollari nei 28 giorni terminati il 19 ottobre (dati Bloomberg). Si spera quindi che colpendo Rosneft e Lukoil, si possa ridimensionare il finanziamento della macchina da guerra di Putin. I funzionari russi non ignorano le ultime sanzioni, ma hanno espresso fiducia nella capacità di smorzarne l'impatto.
Cosa faranno India e Cina?
La Russia è riuscita a mantenere sostenute le entrate del petrolio perché Cina e India, i due principali importatori di petrolio al mondo, acquistano insieme quasi 3,6 milioni di barili al giorno. Se prima non c'è un boicottaggio del petrolio russo da quel fronte, difficilmente le sanzioni fin qui applicate potranno sortire grandi effetti sul finanziamento della macchina da guerra di Putin.
Trump ha imposto tariffe punitive all'India per i suoi acquisti russi e ora le raffinerie di petrolio indiane hanno dichiarato che prevedono l'interruzione di quasi tutte le forniture di greggio russo. In precedenza, il governo di Narendra Modi ha dichiarato di essere autorizzato ad acquistare petrolio dalla Russia al di sotto del price cap, evitando nel contempo il greggio iraniano o venezuelano che è sanzionato dagli USA.
La posizione della Cina è più oscura, perché Pechino non ha espresso chiaramente le sue intenzioni. Finora il Dragone è stato risparmiato da Trump relativamente ai dazi secondari sugli acquisti di petrolio russo, a differenza dell'India. Rimane il rischio che la seconda potenza economica mondiale finisca per farsi carico delle forniture di Putin rifiutate da Nuova Delhi.