I prezzi del petrolio continuano a restare sostenuti nonostante l'aumento della produzione da parte dell'OPEC+. A partire dal mese di aprile, il cartello dei principali produttori ed esportatori di greggio mondiali ha concordato di ripristinare un'offerta che in precedenza era stata tagliata con il crollo della domanda cinese, il più grande consumatore mondiale della materia prima.
La capacità produttiva inutilizzata aveva limitato le entrate dei Paesi dell'alleanza, gran parte dei quali basano la loro economia sui miliardi che incassano dal petrolio. Per questo hanno deciso di incrementare gli obiettivi di output inizialmente di 960 mila barili giornalieri per arrivare, a partire da settembre, a circa 2,5 milioni barili giornalieri in più. In pratica, dal prossimo mese, la produzione dell'OPEC+ dovrebbe passare da 30,8 a 32,36 milioni di barili al giorno.
Ciò nonostante, il prezzo non è sceso. Da aprile a oggi il Brent si è mosso per lo più in un intervallo tra 60 e 75 dollari, con un picco di 81,40 dollari a giugno e un minimo di 58,20 dollari a maggio.
Petrolio: le ragioni per cui i prezzi non scendono
Secondo gli analisti, sono diverse le motivazioni che spiegano questa difficoltà nella discesa delle quotazioni dell'oro nero.
In primo luogo, alcuni Paesi hanno difficoltà a pompare di più. Jorge Leon, capo dell'analisi geopolitica presso Rystad Energy, ha osservato che "l'Iraq e, in misura minore, la Russia, stanno compensando la sovrapproduzione del passato, mentre il Kazakistan stava già producendo alla massima capacità a marzo". Tutto ciò significa che "una quota più alta non implica una maggiore produzione". Tra l'altro, alcuni Paesi sono stati invitati dall'OPEC+ a non incrementare l'output per non aver rispettato i patti in passato (producevano più greggio di quanto stabilito).
In secondo luogo, come afferma Richard Price, analista di Energy Aspects, l'aumento dei tassi di lavorazione delle raffinerie e la domanda estiva delle centrali elettriche in Medio Oriente hanno assorbito i rialzi dell'offerta dell'OPEC+.
Terzo, la Cina ha aumentato le sue scorte di greggio di quasi 900 mila barili giornalieri nel secondo trimestre, secondo quanto riportato dall'Agenzia internazionale per l'energia. "La domanda cinese di petrolio è stata migliore di quanto molti si aspettassero all'inizio dell'anno", ha detto l'analista di UBS Giovanni Staunovo. "Anche l'attività di stoccaggio cinese ha svolto un ruolo nel mantenere sostenuti i prezzi del greggio".
Quarto, gli aumenti dell'alleanza sono arrivati in un momento in cui le scorte nei Paesi sviluppati dell'OCSE scarseggiavano a causa dei precedenti tagli. "Negli ultimi tre anni, le scorte di greggio dell'OCSE sono rimaste costantemente basse, soprattutto negli Stati Uniti", ha detto Homayoun Falakshahi, analista di Kpler. In Europa, le scorte petrolifere nel mese di maggio erano quasi del 9% più basse rispetto alla media quinquennale e lo stesso discorso vale per le scorte USA nel mese di giugno (dati OPEC+).