I Ministri delle Finance del G7, oggi in riunione virtuale, dovrebbero sostenere il piano di introduzione di un tetto al prezzo del petrolio russo acquistato dalle compagnie internazionali. Una misura questa che mira a ridurre le pressioni sul mercato energetico, ma soprattutto a colpire una delle principali fonti di finanziamento della guerra Russia-Ucraina.
Secondo alcune indiscrezioni, le sette potenze mondiali starebbero per dettagliare una road map che comprenderebbe una fascia di prezzo entro cui potrà oscillare il greggio nelle contrattazioni commerciali e la data in cui i nuovi provvedimenti entrerebbero in vigore.
Il livello di prezzo fissato ovviamente sarà il fattore chiave. Gli Stati Uniti propongono di stabilirlo leggermente al di sopra del costo di produzione russo, ma alcuni temono che forzare troppo la mano finisca per ottenere l'effetto contrario.
Da Mosca hanno già fatto sapere che la Russia non venderà petrolio alle Nazioni che imporranno un tetto ai prezzi. "Il petrolio russo troverà mercati alternativi", ha precisato oggi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, aggiungendo che "non ci sarà alcuna interazione su principi non di mercato".
Brent e WTI hanno reagito con rialzi di oltre due punti e mezzo percentuali nel mercato delle materie prime, in una seduta molto volatile e con le quotazioni che si attestano rispettivamente a 95 e 89 dollari al barile.
Petrolio: alcune criticità sul price cap del G7
Dopo l'invasione dell'esercito russo in Ucraina, il G7, che comprende Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Canada, Germania, Francia e Italia, ha stabilito di ridurre la dipendenza dal petrolio russo, fino alla completa eliminazione.
USA, Canada e Gran Bretagna hanno imposto l'embargo totale, mentre l'Unione Europea ha lasciato aperti solo i flussi che non provengono dal mare per salvaguardare il fabbisogno di alcuni Paesi ad alta dipendenza come Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Determinare un price cap potrebbe essere il capitolo finale, ma presenta alcune criticità di cui bisogna tenere conto. Innanzitutto, vi sono molti dubbi riguardo l'efficacia della misura. Alcuni Paesi hanno già mostrato la loro riluttanza ad aderire a uno schema del genere stabilito dal G7.
Tra questi vi è una Nazione importante come l'India, che dovrà soddisfare il fabbisogno energetico di oltre 1 miliardo di persone. Il Governo indiano sta considerando la situazione che si è venuta a determinare nel mercato energetico come un'occasione storica per poter fare grandi approvvigionamenti di risorse russe a prezzo scontato. Di conseguenza, non vorrebbe perdere tale privilegio.
Gli USA stanno cercando di convincere Nuova Dehli ad aderire a un tetto ai prezzi, come dimostra la visita del Vice Segretario del Tesoro Wally Adeyemo in India il mese scorso. Tuttavia, la missione non è facile e in caso di fallimento definitivo non sarà un problema da poco, perché una tale stretta rischia comunque di produrre effetti limitati.
A essere molto perplesso è il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ritiene che il price cap può funzionare solo se viene supportato da altri Paesi, oltre quelli che costituiscono il G7. Per questo la partecipazione di India e Turchia sarebbe importantissima.
Di diversa opinione sono gli Stati Uniti, convinti che lo schema resterebbe valido nonostante la mancata presenza di altri membri fuori dalla coalizione, in quanto nelle contrattazioni con Mosca si farebbe riferimento ai prezzi stabiliti dal G7.
Un'altra criticità proviene da qualche possibile crepa sul pieno sostegno dell'Unione Europea. Ancora una volta la mina vagante potrebbe essere l'Ungheria, che continua a mantenere relazioni strette con Putin.
Il Paese guidato da Viktor Orbán ha trascinato per settimane l'accordo per l'embargo al petrolio russo stabilito dall'UE alcuni mesi fa e alla fine è riuscito a ottenere un compromesso meno svantaggioso. Adesso ha più volte segnalato la sua opposizione a qualsiasi forma di price cap e questo potrebbe rideterminare ritardi e incongruenze nell'applicazione di un'eventuale misura che colpisca la Russia.