Prese di profitto oggi sull'oro, dopo che le quotazioni ieri hanno aggiornato il record storico a 3.640 dollari l'oncia. Gli investitori rimangono in attesa dei dati sul mercato del lavoro americano che verranno pubblicati domani e, conseguentemente, della riunione della
Federal Reserve del 16/17 settembre.
La lettura delle buste paghe di agosto sarà molto importante in quanto da essa probabilmente dipenderà la convinzione con cui la Banca centrale USA abbasserà i tassi di interesse. Con conseguenti riflessi sul metallo giallo. Quanto più la Fed sarà accomodante, tanto più gli operatori tenderanno a comprare lingotti. Questo perché l'oro non è un asset redditizio e quindi la sua detenzione farebbe diminuire il costo opportunità.
Il mercato è alla finestra anche per osservare quanto accade nel palcoscenico politico internazionale, con i rapporti tra il blocco occidentale e quello composto da Russia, Cina e Corea del Nord che si fanno sempre più tesi. Alla luce dell'avvicinamento delle tre dittature negli ultimi giorni, sembra chiaro che l'incontro in Alaska tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin per far finire la guerra in Ucraina, si è rivelato un fiasco totale. Ne consegue che il mercato si trova in uno stato di agitazione e cerca riparo nel bene rifugio per eccellenza quale è l'oro.
Oro: Goldman Sachs vede quota 5.000 dollari
C'è un altro problema che sta dando forza in questo periodo al metallo prezioso: gli attacchi di Trump nei confronti della Fed. Il mese scorso il capo della Casa Bianca ha provato a licenziare la governatrice Lisa Cook, mentre molti temono che il tycoon miri ancora più in alto spostando l'offensiva verso il presidente Jerome Powell prima della scadenza del suo mandato che avverrà nel maggio 2026.
Trump è insoddisfatto della titubanza della Fed ad abbassare i tassi di interesse e quindi esercita pressione soprattutto verso l'ala più austera dell'istituto monetario. Tutto ciò però metterebbe a repentaglio l'indipendenza dell'autorità stessa.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs, se tale indipendenza fosse danneggiata, lo scenario "porterebbe probabilmente a un aumento dell'inflazione, a un calo dei prezzi delle azioni e delle obbligazioni a lunga scadenza e a un'erosione dello status di riserva del dollaro". Al contrario, "l'oro è una riserva che non si basa sulla fiducia istituzionale".
L'effetto di tutto questo sarebbe un'impennata delle quotazioni del metallo a 4.000 dollari l'oncia entro la metà dell'anno prossimo, che potrebbero arrivare a 5.000 dollari se solo l'1% del mercato privato dei Treasury Bond dovesse fluire nell'oro, ha scritto il team guidato da Samantha Dart in una nota. "Di conseguenza, l'oro rimane la nostra raccomandazione lunga con la più alta convinzione nel settore delle materie prime", ha aggiunto.