Tutti pazzi per l'oro. La corsa degli investitori ad accaparrarsi il bene rifugio per eccellenza ora è diventata sfrenata, come dimostrano i record storici in serie registrati dalle quotazioni del metallo prezioso.
Il leggendario investitore
Warren Buffett non ha mai amato l'oro, perché l'ha sempre considerata un'attività infruttifera che soffre il costo opportunità rispetto ad altri asset che producono interessi e dividendi.
Gli operatori di mercato, che normalmente pendono dalle labbra dell'oracolo di Omaha, in questo caso non lo ascoltano. Secondo i dati riportati da Bloomberg, le partecipazioni degli ETF sull'oro hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi tre anni.
Le Banche centrali, che sono stati acquirenti netti negli ultimi 15 anni, hanno raddoppiato la loro velocità di acquisto da quando la Russia ha invaso l'Ucraina nel febbraio 2022.
Sulla base di quanto indicato dal World Gold Council, nel 2024 le autorità monetarie hanno aggiunto tra le riserve oltre 1.000 tonnellate di lingotti per il terzo anno consecutivo. Il ritmo è calato quest'anno, ma più che altro per i prezzi astronomici raggiunti dal metallo giallo.
Oro: cosa spiega la febbre degli investitori
L'oro è un bene rifugio e questo da solo spiega gli acquisti del mercato. Rifugio da cosa? Dalle tensioni geopolitiche, dalle turbolenze dell'economia e dall'inflazione.
Di materiale al riguardo in questi ultimi anni ce n'è stato a bizzeffe. Le guerre militari e commerciali, le preoccupazioni sulla crescita globale - soprattutto prima della Cina e ora degli Stati Uniti - e i dazi che rischiano di innescare l'inflazione sono motivi più che sufficienti affinché gli investitori cerchino un porto sicuro.
L'oro è un bene liquido, che può essere trasportato ovunque e che a differenza delle valute non perde valore se i prezzi al consumo dovessero salire. Per queste e altre ragioni è un bene rifugio.
Tuttavia, non è solo lo status di bene rifugio che ha scatenato la corsa folle degli investitori verso il metallo giallo, ma altri fattori hanno concorso. Ad esempio, la Federal Reserve ha ripreso il ciclo dei tagli ai tassi di interesse, il che fa diminuire il costo opportunità della detenzione di oro attraverso il calo dei rendimenti sul mercato.
Nel contempo, il dollaro Usa si è indebolito molto nell'ultimo anno. L'oro è quotato in dollari ed è legato tendenzialmente da un rapporto inverso al biglietto verde. Se il dollaro perde valore, il metallo prezioso tende a rafforzarsi, perché per gli investitori non americani è più economico acquistare lingotti con il cambio valutario favorevole.
E poi, c'è anche il fatto che il possesso di oro è profondamente radicato nelle culture di India e Cina, i più grandi mercati mondiali di gioielli, lingotti e altri materiali in oro.
Questi vengono tramandati di generazione in generazione come simbolo di prosperità e sicurezza. Ogni volta che i prezzi si abbassano nei mercati finanziari, gli acquirenti indiani e cinesi di oro fisico sono pronti ad approfittarne per fare incetta.
Cosa fermerà il rally?
In questo momento non è facile immaginare come e perché potrebbe interrompersi la corsa dell'oro. Gli osservatori finanziari individuano alcune cause che possono far venire meno il ruolo che occupa il metallo come bene rifugio.
Tra queste cause possono elencarsi un accordo di pace tra Russia e Ucraina che allenti le tensioni geopolitiche o una vera de-escalation dei dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L'oro potrebbe ritracciare anche se la politica monetaria della Fed dovesse risultare meno accomodante di quanto il mercato si aspetti a causa del ritorno dell'inflazione.
Ma in realtà, si pensa che se non viene meno il sostegno del pilastro più importante per lo slancio rialzista dell'oro, ossia delle Banche centrali, difficilmente si vedrà la fine del rally. In sostanza, gli istituti monetari dovrebbero tagliare energicamente le loro riserve. Un'ipotesi più difficile da realizzarsi rispetto al passato.
Negli anni '90 i prezzi dei lingotti sono scesi di circa un quarto durante il decennio perché le Banche centrali delle economie sviluppate hanno attuato un'azione non coordinata destabilizzando il mercato.
Con il Central Bank Gold Agreement firmato dalle autorità centrali nel 1999, ciò non sarà più possibile. In base all'accordo, infatti, le Banche centrali hanno concordato di limitare le loro vendite collettive di lingotti.