Da oggi parte la chiusura per tre giorni del gasdotto russo Nord Stream, sollevando brutti presagi in Europa. L'opinione diffusa nel Vecchio Continente è che presto o tardi si arriverà a uno stop totale delle forniture dalla Russia se non verranno rimosse le sanzioni nei suoi confronti. Questo significherebbe per un'intera Regione blackout, razionamenti e soprattutto il rischio di un grave recessione.
Con la stagione fredda in arrivo, aumentano le preoccupazioni, alimentate dal timore che una richiesta eccessiva di riscaldamento potrebbe spingere i prezzi del gas a livelli ancora maggiori. Le famiglie e le imprese sono già quasi arrivate al collasso, con il costo della bolletta che copre buona parte del budget di spesa. Alcune aziende particolarmente energivore hanno già annunciato la sospensione di certe attività, avvertendo del pericolo di una chiusura definitiva se a livello governativo non verrà trovata una soluzione per il caro bollette.
Gas naturale: preoccupa la situazione tedesca
A tenere l'intero Continente in apprensione è la Germania, epicentro della crisi. La locomotiva d'Europa dipende enormemente da Nord Stream, da cui arriva praticamente la metà del gas per soddisfare il suo fabbisogno energetico. Per riuscire a superare l'inverno, la principale potenza economica europea dovrà ridurre l'utilizzo del combustibile almeno del 20%, oltre a procurarsi forniture aggiuntive, secondo quanto affermato da Klaus Mueller, Presidente del Regolatore energetico tedesco Federal Network Agency.
Attualmente la Germania è riuscita a riempire gli stoccaggi per l'83% della loro capacità, con l'obiettivo di raggiungere quel 95% necessario a coprire circa tre mesi della domanda di riscaldamento e di elettricità se dalla Russia dovesse arrivare l'ordine di stop alle forniture. Tuttavia, finora Berlino si è opposta all'attuazione di un tetto al prezzo del gas proposto dall'Unione Europea, temendo di perdere alcuni privilegi nell'approvvigionamento.
Questo però ha finito per penalizzare i consumatori, visto che il Governo ha dovuto adottare alcune misure di razionamento come la chiusura dell'acqua calda nelle piscine pubbliche e private, la riduzione dell'illuminazione in alcuni edifici e la limitazione all'uso dell'aria condizionata.
Nelle ultime ore, il Governo presieduto da Olaf Scholz sembra essersi piegato alla possibilità che venga messo in piedi un piano di price cap a livello europeo, proprio nell'intento di proteggere i consumatori più vulnerabili evitando nel contempo una recessione. Anche perché la situazione a livello aziendale si fa sempre più caotica e minacciosa, con Uniper SE, il più grande acquirente tedesco di gas russo, che ha chiesto all'inizio di questa settimana l'estensione di una linea di credito al Governo di 13 miliardi di euro per far fronte alle proprie difficoltà finanziarie.
Gas naturale: a che punto è l'Italia
Ovviamente non è solo la Germania a rischiare il collasso. L'Italia è al limite e le discussioni sul rigassificatore di Piombino si fanno sempre più intense. La maggioranza dei partiti sta chiedendo all'ancora in carica Governo Draghi una misura urgente per riattivarlo, senza aspettare altro tempo, anche a costo di mettere per qualche giorno in stand-by la campagna elettorale delle coalizioni politiche in vista delle elezioni del 25 settembre.
Il rigassificatore permetterebbe entro marzo di aggiungere quei 5 miliardi di metri cubi che occorrono alla Nazione per soddisfare completamente il suo fabbisogno energetico di circa 50 miliardi di metri cubi annui. Tuttavia, le resistenze sono ancora molte. Non sono solo alcuni partiti ambientalisti come 5 Stelle e Verdi che si mettono di traverso, ma anche i cittadini di Piombino, guidati dallo stesso sindaco, che hanno organizzato manifestazioni di protesta, avanzando problematiche di sicurezza se il rigassificatore dovesse essere messo in funzione.
Nel contempo, si dibatte animatamente circa la possibilità di fare come in Spagna e in Francia, ovvero di
fissare in autonomia un limite al prezzo del gas in bolletta, facendosi carico lo Stato della differenza. Tutto questo secondo le stime comporterebbe una cifra che si aggira intorno ai 30 miliardi di euro. Dove li si prende? Alcuni partiti come Fratelli d'Italia propongono di
utilizzare il PNRR dell'Unione Europea, ovvero: se le priorità sono cambiate, dovranno cambiare anche le destinazioni delle risorse. Altri mettono sul piatto una
rimodulazione delle spese e delle entrate tributarie per trovare le risorse. Altri ancora addirittura avanzano l'ipotesi di uno
sforamento di bilancio ulteriore, cosa difficilmente perseguibile visto l'indebitamento del Paese che ha raggiunto livelli di dubbia sostenibilità.
Le opinioni degli analisti su Nord Stream
Dal Cremlino i messaggi all'Europa sono eloquenti. "Nulla interferisce alle consegne del gas, oltre i problemi tecnologici causati dalle sanzioni", ha affermato il portavoce Dmitry Peskov. Gli analisti di Goldman Sachs ritengono però che lo scenario base non sia quello di un arresto permanente di Nord Stream, aspettandosi che i flussi riprenderanno al livello pre-manutenzione, ossia al 20% della capacità del gasdotto.
Se ciò dovesse avvenire sarebbe sufficiente a salvare l'inverno europeo, soprattutto se questo non dovesse essere particolarmente rigido, a giudizio di Niek van Kouteren, trader senior della società energetica olandese PZEM. Quanto ai prezzi alti, secondo James Huckstepp, analista responsabile del gas presso S&P Global Commodity Insights, con quotazioni della materia prima a questi livelli ci sarà da attendersi "molta più distruzione della domanda del necessario".