Il simposio di Jackson Hole della scorsa settimana ha lasciato un segno importante nei mercati finanziari. L'intervento del Governatore della
Federal Reserve,
Jerome Powell, è stato quanto di peggio potevano attendersi gli investitori. Il 69enne di Washington, infatti, ha riferito che la
Banca Centrale statunitense effettuerà altri rialzi dei tassi d'interesse in maniera aggressiva, in quanto la lotta all'inflazione rappresenta in questo momento la priorità assoluta.
Il pericolo di una recessione, quindi, è stato messo in secondo piano, considerando anche che l'economia statunitense in questo momento non avverte particolari pressioni soprattutto sul fronte occupazionale. Tutto ciò è bastato per affossare la Borsa di New York, con l'indice S&P 500 che ha chiuso la settimana con un crollo del 3,37% e il NASDAQ che ha segnato un -3,94%.
Ecco perché puntare sulle materie prime
Nei mercati dunque è tornato il panico e l'incertezza riaffiora tra gli operatori, che si chiedono in questo momento come gestire il portafoglio. Il problema è che con una Fed più aggressiva del previsto aumenta il rischio che entro la fine dell'anno negli Stati Uniti faccia capolino una recessione reale (che si sommerebbe a quella tecnica, già arrivata).
Tutto questo non verte assolutamente a favore degli investimenti azionari e nemmeno a vantaggio delle materie prime. Queste ultime hanno avuto un rally prodigioso nel 2022, foraggiato dalla guerra Russia-Ucraina. Tuttavia, negli ultimi mesi hanno subito l'effetto derivante dal pericolo recessivo e quindi hanno perso parecchie posizioni rispetto ai massimi di periodo. Il petrolio, ad esempio, è scivolato dai top del mese di marzo di quasi 140 dollari al barile, finendo sotto quota 100 dollari.
Secondo Goldman Sachs, però, le quotazioni del greggio sono pronte a ripartire, così come quelle di altre materie prime, poiché le preoccupazioni per una recessione sarebbero eccessive. Ad avviso degli economisti della banca d'affari americana, le gravi carenze energetiche sosterranno i prezzi e quindi il recente ritracciamento potrebbe rappresentare un "interessante punto di ingresso per investimenti long-only".
Tra l'altro, "le materie prime risultano essere la migliore asset class quando si arriva a un fase di fine ciclo con la domanda che rimane sopra l'offerta", hanno aggiunto gli esperti di Goldman. L'unico vero freno per il rally delle materie prime potrebbe essere la forza del dollaro USA, che le rende più costose per gli importatori fuori dal Continente americano, spiegano gli analisti. Quanto alle azioni, Goldman Sachs ritiene che l'inflazione elevata e l'atteggiamento da falco della Fed rappresentato venti contrari che potrebbero mandarle in sofferenza.
Per quanto riguarda l'andamento dei prezzi delle materie prime, l'analisi non è condivisa da un'altra big bank statunitense, Citigroup. Gli economisti dell'istituto finanziario guidato da Jane Fraser sostengono che, se si dovesse configurare una recessione negli Stati Uniti, il prezzo del petrolio potrebbe precipitare fino a 65 dollari al barile entro la fine del 2022.