La cavalcata del rame sembra inarrestabile. In un anno la materia prima ha raddoppiato il suo valore e si avvicina convintamente verso i massimi da 9 anni. Secondo gli analisti le quotazioni potrebbero arrivare addirittura fino a 12.000 dollari dai poco più di 9.000 attuali.
Sono molti i fattori a che spingono l'oro rosso verso nuove vette per il futuro. Intanto si tratta di un bene molto versatile che viene utilizzato in vari settori, soprattutto in quello delle costruzioni, delle automobili elettriche e dell'elettronica. Per questa ragione segue molto la direzione dello sviluppo economico e, in un periodo in cui le aspettative sono per una ripresa dell'economia post Covid, il rame tende ad apprezzarsi.
In secondo luogo bisogna sottolineare la grande domanda proveniente dalla Cina, che ne è il maggiore consumatore al mondo. Quindi, essendo il Dragone il Paese che prima degli altri ha ripreso a far marciare l'economia, si ipotizza che la richiesta di rame sarà sostenuta nel 2021.
Infine vi è un altro elemento legato alla scarsità delle miniere, che rende l'offerta poco competitiva con la domanda. Una nuova miniera è costosa e non sempre risulta essere redditizia, per questo spesso si conta sull'espansione di una esistente.
Green economy: come il prezzo del rame diventa un peso
Le prospettive riferite al prezzo del rame però non sono molto incoraggianti per quel che riguarda la transizione energetica. Le infrastrutture green sono molto dipendenti dal metallo rosso, in maniera particolare come detto nel settore delle auto elettriche. Infatti circa il 20% del consumo complessivo del rame dipende dalla generazione di energia rinnovabile, nonché dalla costruzione di veicoli, batterie, colonnine di ricarica e infrastrutture di rete. Aumentando il costo della materia prima, giocoforza la decarbonizzazione diviene più dispendiosa.
Il costo del rame è ancora una componente limitata con riferimento ai parchi eolici, ma secondo gli esperti sarà destinato ad aumentare a un ritmo del 3% entro il 2050, il triplo rispetto alla quota attuale. Se ciò dovesse avvenire, le infrastrutture eoliche potrebbero utilizzare maggiormente l'alluminio, posto che anche i prezzi di quest'ultimo metallo sono aumentati parecchio.
Tutto questo comunque comporterebbe un aumento di budget di spesa per i Governi che vogliono accelerare nel passaggio a un'energia pulita, il che li spingerebbe ad incrementare gli investimenti nel settore minerario. Il fatto è che la cosa allungherebbe i tempi per la progettazione, contrastando con la necessità di arrivare in minor tempo possibile a una situazione globale di emissioni zero di CO2.
Green economy: gli hedge fund vendono Tesla
Se per gli anni a venire l'energia pulita rimane uno dei temi d'investimento principali, alcuni hedge fund asiatici cominciano a ridurre gli investimenti verdi, dopo aver cavalcato l'onda del 2020. In maniera particolare è stato colpito il settore delle auto elettriche. Ad esempio il fondo Apeiron Capital ha drasticamente ridimensionato la partecipazione in Tesla, già da quando è cominciata la divisione degli analisti se continuare o meno a puntare sulla società guidata da Elon Musk.
Tuttavia il fondo ha precisato che il posizionamento è temporaneo, proprio perché l'anno scorso il titolo ha corso troppo. È probabile però che avverranno ulteriori acquisti quando i cali azionari si faranno più marcati e le azioni diventeranno più appetibili.
Alcuni fondi speculativi invece si stanno concentrando sull'uranio come alternativa verde. Secondo Bill Gates, il nucleare è la fonte di energia senza emissioni di carbonio in grado di funzionare 24 ore al giorno.
Per questo Tribeca Investment Partners ha già investito il 25% del suo patrimonio gestito in assets che hanno a riferimento l'uranio, contando sul fatto che in un anno i prezzi saranno più che raddoppiati. Attraverso il produttore statunitense Energy Fuels Inc e l'australiano Boss Energy Ltd, il fondo ha già guadagnato il 55% nel 2021, dopo aver incamerato il 195% nell'anno appena trascorso.