Il 2025 è stato un anno che ha visto protagoniste alcune materie prime come argento, oro, rame e platino. In particolare, si sono messi in luce argento e platino, che hanno più che raddoppiato le loro quotazioni da inizio gennaio, al punto da far impallidire il rally di circa il 70% dell’oro e quello di circa il 40% del rame.
Sono diversi i fattori che hanno spinto gli investitori a indirizzarsi verso questi metalli. Innanzitutto, le tensioni geopolitiche hanno esaltato il ruolo dei metalli preziosi come beni rifugio, ossia asset in grado di mantenere il loro valore anche quando i mercati risultano particolarmente volatili e incerti. Le Banche centrali hanno fatto incetta di oro, rafforzando le loro riserve: un processo avviato quando l’Occidente ha deciso di sanzionare la Russia con il congelamento dei beni a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022.
In secondo luogo, la debolezza del dollaro ha sostenuto le quotazioni delle materie prime, che sono espresse nella valuta americana. Gli investitori non statunitensi hanno trovato conveniente acquistare metalli, poiché spendevano meno convertendo la loro valuta in dollari e, di conseguenza, hanno incrementato la domanda.
Un altro fattore positivo è l’impiego industriale di alcuni metalli, come argento e rame. Entrambi sono utilizzati in molteplici settori dell’economia: dall’elettronica ai data center, dall’intelligenza artificiale alle energie rinnovabili, fino all’automotive. Gli investitori si aspettano un ritorno alla crescita globale, il che alimenta la domanda di beni strettamente legati all’andamento economico.
La riduzione dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve è stata un altro catalizzatore importante, sia perché stimola l’economia - e quindi la domanda di beni come argento e rame - sia perché riduce i rendimenti, abbassando il costo opportunità di asset non redditizi come oro, argento e platino.
L’argento presenta inoltre un vantaggio rispetto all’oro: dispone di scorte più limitate presso i grandi exchange. Per fare un paragone, l’argento conservato a Londra vale circa 65 miliardi di dollari, mentre il metallo giallo ha un valore di quasi 1.300 miliardi di dollari. Questo aspetto è cruciale per l’equilibrio tra domanda e offerta, soprattutto alla luce della minaccia di restrizioni all’export dell’argento da parte della Cina, terzo produttore mondiale. In sintesi, il metallo bianco è più esposto a crisi dell’offerta, risultando meno liquido rispetto al “gemello” più prezioso.
Ovviamente non manca la componente speculativa, che ha contribuito a far schizzare verso l’alto le quotazioni dei metalli. “L’atmosfera speculativa è molto forte”, ha affermato Wang Yanqing, analista di China Futures.
Materie prime: rally anche nel 2026?
Con il 2026 alle porte, ci si chiede se la corsa dei metalli possa proseguire anche nel prossimo anno o se, al contrario, si tratti di una bolla pronta a scoppiare. Per rispondere a questa domanda sarebbe fondamentale distinguere la componente del rally legata alla speculazione da quella sostenuta dai fondamentali.
Alcuni osservatori finanziari sono convinti che sia in corso una bolla, soprattutto sull’argento, e che sia solo questione di tempo prima della sua deflagrazione. “Non c’è dubbio: stiamo assistendo a una bolla generazionale sull’argento”, ha dichiarato Tony Sycamore, analista di IG Australia. “Con nuove miniere che richiedono fino a 10 anni per essere sviluppate e capitali che confluiscono nella bolla dei metalli preziosi, è impossibile prevedere quando l’aria (della bolla, n.d.r.) potrebbe uscire”.
Di parere diverso è Tim Waterer, analista capo di KCM Trade, secondo cui “l’argento potrebbe molto plausibilmente essere scambiato nella fascia dei 90-100 dollari (dai circa 70 dollari attuali, n.d.r.), mentre le carenze di offerta restano un tema ricorrente per il mercato dei metalli preziosi”.