I rapporti tra Europa e Russia sulla questione del gas naturale corrono sul filo del rasoio. Finora l'Unione Europea è l'unica tra gli alleati che sul fronte energetico non ha preso posizioni nette nei confronti di Mosca. Gli Stati Uniti hanno imposto l'embargo su petrolio e gas russo, mentre il Regno Unito ha deciso di eliminare le importazioni gradualmente fino alla fine dell'anno. Bruxelles invece è ancora in bilico.
La Commissione Europea ha elaborato un piano per ridurre drasticamente la dipendenza da Putin di almeno 2/3, ma in realtà vi sono ancora dei punti controversi, soprattutto riguardo a come verrà davvero rimpiazzato il combustibile proveniente dai gasdotti russi. La realtà è che ancora una vera soluzione non si è trovata, per quanto vi è agitazione affinché vi possa essere uno sganciamento definitivo.
Dal canto suo la Russia sta evitando di mostrare troppo i muscoli perché sa quanto sia importante in questo momento la propria attività energetica per sostenere le finanze del Paese, che stanno languendo sotto i colpi delle durissime sanzioni occidentali. Almeno fino a quando non riuscirà attraverso accordi con partner alternativi, vedi Cina, a riempire l'eventuale vuoto lasciato dall'Europa.
Ciò nonostante le schermaglie tra Russia ed Europa si stanno facendo sentire. La Germania ha già interrotto il programma di certificazione del gasdotto Nord Stream 2 e negli ultimi giorni sembra che Mosca stia valutando la possibilità di una forte ritorsione chiudendo i rubinetti verso l'Europa di Nord Stream 1, come ha avvertito il Vice Primo Ministro russo Alexander Novak.
Le minacce di Novak tuttavia sono di improbabile realizzo per Mathieu Savary, capo strategist europeo presso BCA Research. L'esperto ritiene che, sebbene Mosca abbia stretto un nuovo accordo con la Cina per fornire altri 10 miliardi di metri cubi di gas attraverso il nuovo gasdotto pianificiato, questo richiede dai 2 ai 3 anni per essere completato.
Goldman Sachs: 3 scenari sulle forniture di gas russo
Cosa potrebbe quindi succedere all'Europa nei prossimi mesi? Goldman Sachs in proposito immagina 3 scenari che si verrebbero a determinare. Il primo consiste nella non interruzione dell'approvvigionamento oltre alla riduzione del flusso in essere dal mese di settembre 2021.
In questo caso il PIL dell'area euro sarebbe impattato per 0,6 punti percentuali dal livello elevato dei prezzi del gas dovuto alla guerra Russia-Ucraina, con un'incidenza in Germania dello 0,9% per via della sua elevata dipendenza. In Gran Bretagna invece l'effetto sarebbe inferiore, di 0,1 punti percentuali.
Il secondo scenario invece prevede un'interruzione delle forniture di gas attraverso i gasdotti che passano per l'Ucraina per il resto dell'anno. In questa circostanza vi sarebbe una pressione sui prezzi dell'area euro che aggiungerebbe uno 0,7% di inflazione.
Il terzo scenario invece consiste nella chiusura totale delle forniture di tutti i gasdotti russi per l'intero 2022. A questo punto ovviamente l'impatto sarebbe più grave, con il riflesso sul PIL europeo di un -2,2%, dove tra i Paesi maggiormente colpiti ci sarebbero la Germania, che vedrebbe arretrare la sua economia del 3,4%, e l'Italia, in diminuzione produttiva del 2,6%. Quanto all'inflazione invece ci sarebbe una crescita aggiuntiva di 1,3 punti percentuali in tutta l'area euro.