La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di intensificare la guerra commerciale a livello globale – con un focus particolare sulla Cina – ha innescato effetti inediti sui mercati finanziari. Gli strumenti tradizionalmente considerati rifugio, come i Treasury e il dollaro, non sono riusciti ad assorbire la volatilità dei mercati azionari, che hanno subito cali superiori al 20% su alcuni indici. Una rottura importante rispetto ai comportamenti storici dei mercati.
ETF obbligazionari sotto pressione
Questa nuova configurazione di mercato ha penalizzato pesantemente alcuni noti ETF obbligazionari, in particolare quelli concentrati sui titoli di Stato USA. Gli investitori si trovano ora a gestire contemporaneamente due rischi rilevanti – quello dei tassi di interesse e quello valutario – in un contesto in cui le obbligazioni non stanno più svolgendo il loro tradizionale ruolo stabilizzatore all'interno di portafogli diversificati.
Un esempio emblematico è rappresentato dall’ETF Vanguard US Treasury Bond, che replica l’indice Bloomberg Global Aggregate US Treasury Float Adjusted. A distanza di 5 anni, il fondo registra ancora una perdita del 13%, nonostante un tentativo di recupero che lo aveva riportato intorno al -5% poco prima della nuova offensiva commerciale di Trump. Anche il rendimento a tre anni è negativo, con un saldo superiore al -4%, mettendo in discussione l'efficacia delle classiche strategie di portafoglio “Lazy”.
In questo contesto, molti investitori si domandano se l’attuale anomalia del mercato obbligazionario statunitense rappresenti una reale opportunità per rafforzare la componente bond del portafoglio. Al momento, l’ETF offre un rendimento lordo medio del 4,3%, con una duration media di circa sei anni. Meno del 10% del paniere ha scadenze oltre i dieci anni, mentre circa il 60% dei titoli ha scadenze comprese tra uno e cinque anni.
Guardare al rischio cambio più che al rischio tassi d'interesse
Rispetto al biennio 2021-2022, quando le duration superavano anche i nove anni, la sensibilità dell’ETF ai tassi di lungo termine risulta oggi più contenuta. La brusca inversione dei rendimenti causata dall’inflazione sembra essere stata in parte assorbita, riducendo la vulnerabilità del fondo a ulteriori shock sui tassi.
Rimane però centrale la valutazione del rischio cambio. Il premio offerto da questo tipo di ETF – circa 150 punti base in più rispetto a un fondo equivalente focalizzato sui titoli di Stato europei – potrebbe non essere sufficiente a compensare una possibile svalutazione del dollaro.
Le recenti dinamiche del cambio EUR/USD, con il superamento della soglia di 1,15 e prospettive di ulteriore apprezzamento verso 1,20 secondo diversi analisti, potrebbero erodere significativamente il rendimento reale per gli investitori non coperti dal rischio cambio.
Si tratta, naturalmente, di scenari ipotetici, ma che meritano una riflessione attenta. Prima di considerare questa fase come una grande occasione d’acquisto nel comparto dei Treasury, è fondamentale valutare con rigore tutti i fattori in gioco. Anche se storicamente considerati tra i titoli più sicuri al mondo, oggi i Treasury USA presentano rischi che vanno ben oltre il semplice rendimento nominale.