La partenza positiva dei mercati europei nella primissima parte dell'anno e prima della crisi dei bancari si è dimostrata forte in termini relativi rispetto alla borsa americana, ma anche a livello settoriale abbiamo assistito ad un rimbalzo piuttosto vigoroso di alcuni settori rispetto ad altri.
Uno di questi è il settore delle vendite al dettaglio (retail) dove però gli ETF quotati presentano caratteristiche particolari che vanno ponderate con attenzione al momento dell’acquisto. Il settore retail si compone tendenzialmente di società attive nel commercio al dettaglio e della grande distribuzione. Commercio fisico e online.
ETF vendite al dettaglio: attenzione alla capitalizzazione
Gli ETF quotati in Italia hanno dei valori di capitalizzazione piuttosto modesti e questo è sicuramente uno dei limiti per chi sta approcciando questo settore. Basti pensare che dei quattro ETF quotati il più capitalizzato è il Lyxor Stoxx Europe 600 Retail con meno di 15 milioni di euro di masse amministrate.
Come si può apprezzare molto bene dal grafico dell’ETF quotato a Milano, fino a settembre 2022 l’ETF ha praticamente avuto un rendimento flat in 10 anni, continuando a picchiare su quei livelli di prezzi che lo accompagnano dal 2013. Poco sopra i 30 euro per quota il mercato ci è passato diverse volte, una costante per un ETF che ha un altro limite da non sottovalutare e che giustifica il vigoroso rimbalzo degli ultimi mesi. La forte concentrazione su pochi titoli che rendono la diversificazione un elemento non proprio caratterizzante del settore retail investito con ETF.
Da ottobre 2022 a febbraio il rimbalzo di prezzo ha sfiorato il 50%, ma ancora siamo a metà di quel percorso di recupero che dai picchi di prezzo di 60 euro del 2021 aveva abbattuto della metà il valore delle società del settore.
La concentrazione come detto è un elemento di criticità per l’investimento nel settore retail con ETF. I primi 10 titoli rappresentano il 96% dell’intero paniere che è rappresentato da un numero totale di 11 membri. Inditex da sola pesa per il 30% del portafoglio seguita da Next Group, Zalando e Hennes&Maur al 10%.
Questa polarizzazione mette in discussione anche i rischi valutari visto che il 40% del portafoglio è investito nel Regno Unito e il 10% in Svezia. Le oscillazioni valutarie contano, ma anche l’esposizione a mercati come quello inglese pure vista la diversità del ciclo economico britannico rispetto a quello della zona Euro a causa di una Brexit che non sembra mollare la presa sulla crisi economica che sta accompagnando l’economia d’Oltre Manica.
L’ETF di Lyxor ha un costo di 0,3% ma un buon processo di gestione visto che la tracking difference, ovvero la differenza tra l’andamento del benchmark e quello del fondo, su un orizzonte temporale decennale è di 0,19%. Un terzo dei costi è stato recuperato dal gestore.
Un settore, quello delle vendite al dettaglio, che sta quindi cercando di uscire dalla crisi e dal post sbornia Covid che aveva fatto volare le vendite online. L’effetto trascinamento verso il basso di Amazon ha zavorrato il settore fino alla fine del 2022 quando i flussi hanno ricominciato ad affluire copiosi creando le premesse per un maxi rimbalzo. Se il settore saprà finalmente crescere dopo 10 anni di stagnazione lo vedremo. Con questo ETF si può presidiare il business europeo tenendo conto di diversi limiti gestionali non indifferenti.