L'investimento in Cina attrae un numero di sempre più cospicuo di operatori. La crescita degli investitori è stata notevole a partire dalla fine del 2020 e le azioni della seconda economia mondiale ne hanno tratto beneficio. L'iShares MSCI China Exchange Traded Fund è aumentato del 28% l'anno scorso, mentre quest'anno è cresciuto solamente del 2,5%, una performance questa inferiore rispetto a quella dei principali mercati mondiali.
Avventurarsi in un mercato come quello cinese così complesso, presenta comunque dei rischi da non sottovalutare e richiede delle conoscenze accurate. Il Dragone è al centro dei conflitti che coinvolgono gli Stati Uniti e ora anche l'Europa. La pandemia scaturita da un virus proveniente dal territorio cinese ha lasciato una traccia indelebile, cambiando completamente gli equilibri a livello internazionale. Un'escalation delle tensioni potrebbe riverberarsi in maniera rovinosa sui mercati dell'ex Impero Celeste.
Le aziende tecnologiche cinesi quotate all'estero, inoltre, devono subire le pressioni sempre più forti dalle Autorità regolamentari di Pechino. La vicenda Didi degli ultimi giorni ne è un'esemplare dimostrazione ma, prima della società di car sharing, altri colossi tech sono dovuti passare dalle forche caudine della vigilanza cinese.
E poi vi è la lista nera di 59 società cinesi, le quali potrebbero essere delistate da Wall Street in quanto non conformi agli standard di revisione contabile presenti negli Stati Uniti. Al momento la Securities and Exchange Commission e il Public Company Accounting Oversight Board stanno valutando come implementare la recente legislazione voluta da Donald Trump per eliminare le società cinesi non idonee. Di certo anche il suo successore alla Casa Bianca, Joe Biden, ha proseguito sulla stessa linea: nei giorni scorsi ha aggiunto 10 aziende cinesi alla black list USA.
Investimenti: perché la Cina rappresenta un'opportunità
Pechino viene considerata una grande opportunità nonostante queste forti limitazioni e le ragioni potrebbero essere molteplici. La Cina ad esempio è stata la prima Nazione ad essersi lasciata alle spalle la pandemia e a riprendere l'attività economica, mentre ancora gran parte dei Paesi più sviluppati stanno combattendo contro un nemico che sembra non dover mai soccombere. Di conseguenza, il Dragone è stato l'unico Paese al mondo a crescere nel 2020 gettando le basi per un dominio assoluto nei prossimi anni.
Un altro aspetto che va considerato riguarda il fatto che lo Stato guidato da Xi Jinping non ha dovuto inondare l'economia di stimoli monetari e fiscali come hanno fatto Europa e Stati Uniti. Questo lo mette in una posizione fiscale di grande vantaggio, alla luce del fatto che le risorse possono essere impiegate per investire nell'innovazione e nella tecnologia, oltre che per raggiungere il grande obiettivo di decarbonizzazione che nel 2060 dovrebbe essere totale.
Cina: 4 fondi su cui puntare
A questo punto viene da chiedersi dove investire per sfruttare le opportunità che la superpotenza mondiale offre dal punto di vista finanziario. Abbiamo individuato 4 fondi che presentano delle potenzialità interessanti, vediamoli:
Fidelity Advisor China
Il fondo gestisce 2,4 miliardi di dollari e, oltre ad essere uno dei fondi attivi più grandi, è anche tra i più economici, con commissioni intorno all'1,24% del capitale investito. Cinque delle prime 10 partecipazioni di Fidelity sono nei big tech nazionali, come Alibaba e Meituan, mentre oltre il 30% del patrimonio è investito in società internet.
La mission del fondo è quella di procacciare aziende che abbiano delle potenzialità tecnologiche notevoli, che hanno un forte marchio nazionale in grado di conquistare un pubblico più giovane e che stanno guadagnando rapidamente quote di mercato. Negli ultimi 5 anni, il fondo ha ottenuto una performance annuale media del 22%.
Matthews China
Matthews China è un altro fondo attivo che tiene un livello molto basso di spese di partecipazione, appena dell'1,09%, e gestisce un patrimonio di 1,8 miliardi di dollari. L'azienda punta molto su colossi tecnologici cinesi come Tencent, Alibaba e giganti finanziari del calibro di China Costruction Bank e China Merchants Bank.
La ricerca del fondo è anche orientata a setacciare quelle aziende cinesi che indirettamente possono beneficiare dalle tensioni tra Washington e Pechino, in quanto il management aziendale è convinto che queste rappresentano comunque un rischio molto grosso che andrà a influenzare i mercati. Negli ultimi 15 anni, Matthews ha fatto meglio del 99% dei competitors, grazie a un rendimento medio annuo del 12,4%.
Aberdeen China A Share Equity
Il fondo gestisce solamente 109 milioni di dollari, quindi è più piccolo rispetto agli altri, però negli ultimi 3 anni ha ottenuto un rendimento eccezionale, ossia del 21,7%, cosa che è valso il primato in confronto all'88% degli altri fondi in Cina.
L'obiettivo aziendale è quello di puntare su società che hanno una crescita costante e bilanci in ordine. Inoltre, Aberdeen China va alla ricerca di opportunità in alcuni settori del mercato dove i rapporti USA-Cina sono più distesi, come ad esempio quello finanziario. Infatti, Pechino ha allentato le restrizioni per le società finanziarie estere che vogliono avere un accesso ai mercati locali.
Infine, un occhio di riguardo è per le società che beneficeranno dell'impegno del Paese di raggiungere la carbon neutrality entro il 2060, ovvero i produttori di auto elettriche e di batterie, nonché le società attive nella produzione di energie rinnovabili.
KraneShares CSI Cina Internet
Del gruppo, KraneShares CSI Cina Internet è il più grande, dal momento che gestisce un patrimonio di 4.800 miliardi di dollari. Il fondo è concentrato sulle aziende internet, come ad esempio Didi Global. A latere vi sono investimenti in società che durante la pandemia hanno ricevuto da essa una spinta particolare.
Il rendimento del fondo quest'anno è stato negativo, ma la cosa interessante è che il Price/Earnings dello stesso è inferiore alla media degli ultimi 5 anni. Ad ogni modo, nel quinquennio il rendimento medio annuo è stato del 17,7%. Molto basso il rapporto di spesa, che è dello 0,73%.