In un mondo che ancora appare stordito dalla pandemia, i movimenti tellurici sulle materie prime fanno temere un’inflazione che tutti vogliono purché non sia troppo invasiva. Il rischio in questi casi è che un mix tossico e micidiale di liquidità in eccesso e strozzatura dell’offerta faccia schizzare verso l’alto i prezzi di materie prime ed a valle di tutti i prodotti di consumo. Buon per i pagatori che vedrebbero ridotto il loro carico debitorio, ma male malissimo per i consumatori che si ritroverebbe con una perdita di potere d’acquisto di non poco conto.
Uno dei settori che nella prima parte del ventunesimo secolo ha sofferto di più è quello legato all’agricoltura. Il Bloomberg Agriculture Commodity Index ha toccato i minimi di sempre a marzo 2020, con prezzi giù del 60% rispetto ai massimi del 2012. Frumento, soia, mais, tutti hanno subito pesanti ribassi nelle quotazioni negli ultimi anni ma a marzo è successo qualcosa.
Da quel momento infatti l’indice è cresciuto di quasi il 50%, segno di una reazione che ha seguito un po’ quello che si è visto anche nel settore dei metalli e sul prezzo del petrolio. Cibo più caro quindi, ma anche vantaggi per le aziende di un settore, quello dell’agribusiness, spesso bistrattato.
Investire nell'agribusiness con un ETF di iShares
Esiste un ETF di iShares quotato a Francoforte (IE00B6R52143 iShares Agribusiness) che permette agli investitori di investire sulle società operative nel settore. Fresco reduce dal suo massimo storico dal lancio nel 2012, questo ETF dal minimo di marzo 2020 al massimo di gennaio 2021 ha guadagnato l’80%.
Con un'esposizione per metà del portafoglio orientata ad azioni americane, lo strumento appare ben diversificato a livello geografico con presenza di società giapponesi (11%), canadesi (8%), norvegesi (7%), ed europee in generale con anche una piccola componente di azioni emergenti. Più nello specifico a livello settoriale il 31% è coperto da società operative nel food, il 23% da società chimiche, un altro 23% dal business dei macchinari agricoli ed infine il resto tra società agricole vere e proprie e biotecnologie.
L’ETF ad accumulazione è a replica fisica ed ha spese correnti pari allo 0,55% annue. Buona anche la tracking difference dell’ETF, che dal lancio non supera i -30 punti base annui. Le società più pesate ci fanno capire da cosa è composto l’ETF. Il leader americano delle macchine agricole Deere copre il 10%, seguito da Corteva fornitrice di tecnologia per questo tipo di business (7%) e Nutrien, produttrice di fertilizzanti (7%). Tra le prime 10 anche Tyson Foods e Archer Daniels due colossi americani della produzione e distribuzione di prodotti agricoli lavorati e prodotti destinati al campo vero e proprio. Naturalmente presente anche la “nostra” CNH Industrials.
Chiusura con un confronto tra l’ETF Agribusiness e un ETF globale sempre di iShares. Se a 5 anni investire global ha pagato oltre 17 punti percentuali in più di performance, nell’ultimo anno l’agri è andato decisamente meglio con una sovraperformance di 6 punti. Se il rialzo dei prezzi agricoli è qui per restare questo ETF può essere una buona idea per cavalcare l’onda.