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La democratizzazione degli investimenti è già realtà: in America un investimento costa quanto un Big Mac;
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Negli Stati Uniti esistono già ETF che chiedono zero in cambio del loro acquisto;
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Costruendo un portafoglio bilanciato 50% azioni 50% obbligazioni vi dimostro come è possiible investire con pochi spiccioli
Un articolo di Jonathan Clement sul blog Humble Dollar ha ancora una volta evidenziato quanto ormai gli strumenti di investimento passivi sono diventati una commodity al servizio dell’investitore il quale può acquistare con un semplice click ETF a costo quasi zero investendo a livello globale.
Clements ovviamente riprende numeri di strumenti americani che però possono essere associati ad asset italiani con qualche punto base di differenza. L’esempio proposto nell’articolo prende 100.000 dollari e ci dice come sia possibile mantenere l’investimento con un costo pari ad un pranzo di una persona da McDonald’s. Un estremo naturalmente che deriva dalle commissioni zero applicate ad esempio da Fidelity. Questo l’esempio proposto da Clements.
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30% Fidelity ZERO Total Market Index Fund (0%)
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30% Fidelity ZERO International Index Fund (0%)
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40% Fidelity U.S. Bond Index Fund (0,025%)
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Spese del portafoglio bilanciato: 0,01%
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Costo annuale: 10 dollari ogni 100.000 dollari
Nello stesso articolo vengono poi proposte soluzioni sempre bilanciate azionario / obbligazionario con costi oscillanti tra i 47 dollari di Vanguard ai 70 dollari di SPDR.
Investimenti: un portafoglio a costo quasi zero per l'Italia
Proviamo a ripetere lo stesso esercizio in Italia e vediamo se al costo di una pizza (decisamente meglio di un Big Mac) potremo investire i nostri soldi per un anno intero. Se l’esercizio vogliamo renderlo molto basico allora prendiamo due ETF, un azionario e l'altro obbligazionario, entrambi globali e pesati rispettivamente al 50%. Vediamo cosa esce.
iShares offre al costo di 0,20% il suo MSCI Core World e fa lo stesso con il Core Global Aggregate Eur hedged ma ad un costo pari alla metà, 0,10%. Quindi per 100.000 euro il costo finale che lasceremo a BlackRock per permetterci di accedere ai mercati internazionali sarà di 150 euro. Con questa cifra però possiamo fare meglio.
Prendiamo ad esempio l’azionario globale e lo spezziamo in mondo sviluppato con un ETF di Vanguard (il Developed World) sul quale pagheremo lo 0,12% e un ETF che investe nel mondo emergente come iShares Core Emerging Market al costo dello 0,18%. Ipotizzando di ripartire il nostro 50% di azioni in 40% sviluppati e 10% emergenti otterremo una riduzione consistente del nostro costo. Con 116 euro l'anno potremo investire i nostri 100.000 euro.
È possibile anche ridurre il costo della componente obbligazionaria? Diciamo di sì. Anche in questo caso prendiamo l’aggregato coperto dal rischio di cambio e lo spezzettiamo. La componente Euro corporate bond verrà coperta dall’ETF di Amundi Prime Eur Corporates al costo di 0,05% l'anno, mentre la componente governativa potrebbe essere implementata con l’ETF di Amundi Global Govies sempre al costo di 0,05%.
A questo punto ricalcoliamo di nuovo tutto ed otteniamo un’ulteriore compressione dei costi al di sotto dei 100 euro, 91 per la precisione. Come sanno bene i nostri lettori, in articoli precedenti ho già spiegato come i costi degli ETF non si possano ricondurre alle sole commissioni di gestione dichiarate nei KIID.
Ci sono gli spread bid e ask (quindi gli ETF più illiquidi hanno costi più alti), ci sono le distorsione del tracking error dell’ETF, ovvero quanto il gestore riesce a replicare il costo sottostante e quelli di negoziazione. Rimane però un dato di fatto che, al costo di una camera di albergo per una notte o di una cena fuori con la famiglia, ormai ogni investitore ha accesso alla possibilità di investire sui mercati globali. La democratizzazione degli investimenti è già realtà. Cosa gli investitori ci faranno con questa democrazia è un libro tutto da scrivere.