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Il divario tra azioni growth e value continua ad allargarsi con le prime assolutamente preferite dagli investitori in tempi di pandemia
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Il mondo value offre valutazioni relative rispetto alle growth ai minimi degli ultimi 20 anni
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JP Morgan evidenzia come questo differenziale appare particolarmente estremo
Prima o poi il processo di mean reversion deciderà di prendere possesso di una fetta di mercato azionario che continua a deludere gli investitori in maniera piuttosto clamorosa. Stiamo parlando di quelle azioni value che, dopo una breve parentesi positiva in primavera, sembrano essere ripiombate nel dimenticatoio di analisti ed investitori pazzi per le società growth prevalentemente legate al mondo della tecnologia.
Se osserviamo due ETF globali come iShares MSCI World Value Factor e Xtrackers MSCI World Information Technology la percezione di cosa sta continuando ad accadere è immediata. Da inizio anno il primo ETF sta perdendo il 20%, il secondo guadagna il 12%. In mezzo un ETF iShares Core MSCI World giusto per darci un’idea di come si muove il mercato globale in generale. Year to Date in questo caso parla di un -5%. La voragine è clamorosa a 3 anni. il +80% dell’ETF che investe nella tecnologia si scontra con il -6% dello smart beta ETF che investe in azioni value.
Questa tendenza ha radici antiche e probabilmente vede nella politica monetaria ultra espansiva della FED la causa del male. Osservando il grafico che normalizza dal 2008 l’andamento delle azioni value e delle azioni growth sull'indice S&P 500 ci accorgiamo come il cratere tra i due stili di investimento è impressionante.
Come vediamo da un secondo grafico,JP Morgan ha trovato che le azioni value comparate alle growth in termini di Price/Earnings hanno raggiunto il livello più basso in termini relativi dalla bolla speculativa delle dotcom del 2000.
Questo non significa che le azioni value si possono comprare ad occhi chiusi confidando in ritorni mirabolanti visto che la stessa JP Morgan indica in circa il 32% la sopravalutazione rispetto ai valori medi storici delle azioni value nel loro complesso. Ma le azioni growth appaiono ancora più sopravalutate (circa il 58%) e perciò in termini relativi gli arbitraggisti o chi fa asset allocation di lungo periodo avrebbe delle opportunità per il prossimo decennio se il mondo value batterà finalmente un colpo.
Vedremo cosa succederà, ma ricordo anche che un portafoglio di azioni value come quello rappresentato dall’ETF di iShares di tecnologia dentro ne ha eccome, oltre il 20%. Il punto è che parliamo di società come Intel e AT&T che non scaldano i cuori e le fantasie degli investitori. Il secondo settore è però quello farmaceutico ed assieme agli industriali sono convinto che da qui potrebbero arrivare le sorprese più interessanti della prossima fase della crescita dei mercati azionari.
Chi ricerca occasioni di mercato sotto questo punto di visto può ancora pensare di fare belle scoperte. L’importante è pazientare e sperare che i dogmi del passato circa i rendimenti delle azioni value non risultino archeologia finanziaria.