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Il bilancio degli ultimi 5 anni degli investimenti nel mondo emergente non è stato molto ricco di soddisfazioni
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Anche asset collegati a questo mondo hanno fornito performance deludenti a differenza di un classico azionario mondiale che è riuscito a portare a casa un più che dignitoso 5% annuo
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Uno dei pochi pasti gratis esistenti in finanza, la diversificazione, si è rivelato ancora una volta vincente
Con questo articolo non voglio entrare in quelle che sono le valutazioni fondamentali dei principali mercati obbligazionari e soprattutto azionari. E’ risaputo che secondo diverse metriche le Borse americane sono care, così come quelle europee ed emergenti sono a più buon mercato. Lo stesso può dirsi per il mercato obbligazionario del mondo occidentale con tassi a zero o sottozero a fronte di più interessanti rendimenti offerti dalle valute locali emergenti.
Peccato che l’ultimo lustro ha dimostrato come scegliere gli investimenti basandosi esclusivamente su un fattore di aspettativa di rendimento si è rivelato un boomerang nel medio periodo. Un caso su tutti è quello più strettamente legato al cosiddetto mondo emergente.
Ho preso come riferimento tre ETF particolarmente liquidi quotati sul mercato italiano che investono rispettivamente in azionario emergente, obbligazionario emergente in valuta locale e commodity, queste ultime storicamente legate a doppio filo ai paesi non sviluppati.
Negli ultimi 5 anni azionario ed obbligazionario in versione total return e valuta locale in Euro hanno avuto una performance annua sostanzialmente nulla. Peggio le commodities, con un calo che sfiora il 50% negli ultimi 5 anni.
Quindi chi ha fatto nel 2015 la scelta di spingere sul mondo emergente e gli asset ad esso collegati ha fatto un clamoroso errore. Su cosa si basa questa mia affermazione? Beh è sufficiente un confronto con il più classico degli ETF che investe in azionario mondiale per capire di cosa sto parlando.
Un indice MSCI World infatti ha fatto portare a casa all’investitore che ha deciso di mettere la fiche sull’azionario mondiale un rotondo 5% annuo. Non male direi nonostante tutto e con un bear market (quello di marzo) ed un mezzo bear market (quello di fine 2018) a disturbare il sonno degli investitori.
Per chi conosce il processo di mean reversion dei rendimenti probabilmente l’affermazione più banale che può venire fuori a questo è quella che i prossimi anni saranno gli anni degli emergenti.
Forse sì o forse anche no e qui secondo me sta la lezione più importante che questi ultimi periodi ci hanno insegnato come investitori: i mercati possono essere irrazionali nel breve periodo. Ma anche nel medio periodo ed in alcuni contesti storici lo sono stati anche nel lungo periodo.
Di fronte a questo l’unica arma che possiamo avere come investitori per far fronte ad un’incertezza incontestabile (non possiamo controllare le performance future dei mercati), è quella che in finanza si definisce l’unico pasto gratis. La diversificazione dell’investimento. Poco sexy ma tanto efficacie.
Scommettere su certi settori, aree geografiche o stili che le nostre personali analisi ci dimostrano essere sottovalutati, può avere un senso ma non per l’intera porzione del portafoglio investito. Questo è il più classico dei suicidi finanziari. Potremmo sbagliarci o il mercato potrebbe rimanere irrazionale per talmente tanto tempo che il riscatto dei nostri soldi potrebbe sopportare perdite dolorose.
Ecco perché alla scommessa credo sempre che vada affiancata una buona porzione dell’investimento dedicato ad un'asset generalista, azionario ed obbligazionario che sia, in grado di coprire l’investimento globale. Gli ultimi 5 anni hanno dimostrato come ancora una volta questa scelta è stata vincente vincente.