GPFG: origine, storia e sviluppo del fondo più grande del mondo | Investire.biz

GPFG: origine, storia e sviluppo del fondo più grande del mondo

22 ott 2020 - 08:29

21 apr 2023 - 14:29

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Il fondo sovrano norvegese oggi gestisce più di $ 1000 miliardi investendo in tutte le maggiori società. Ecco come è diventato il più grande fondo pensione del mondo

Nato come un fondo per gestire i ricavi dell'attività petrolifera e con l'obiettivo di limare le oscillazione del prezzo del greggio, il Government Pension Fund Global è diventato negli anni il più grande fondo pensione del mondo, con un capitale gestito di oltre 1.000 miliardi di dollari. Ripercorriamo la storia del fondo sovrano norvegese dalla nascita fino ai giorni nostri.

 

Government Pension Fund Global: le origini

Il Government Pension Fund Global è nato nel 1990 inizialmente come Petroleum Fund of Norway, in quanto lo scopo era quello di dirottare nel fondo i proventi derivanti dall'attività petrolifera norvegese per investirli in varie attività finanziarie. Solo sedici anni più tardi il fondo ha cambiato nome e viene comunemente conosciuto anche come Oil Fund.

La motivazione della creazione di un fondo sovrano è derivata dalla necessità per il Paese di contrastare le fluttuazioni del petrolio, essendo che il bilancio statale è molto dipendente dall'andamento del greggio. Negli anni 70 la Norvegia ha beneficiato di grandi surplus dall'impennata delle quotazioni dell'oro nero a seguito  degli shock petroliferi che hanno contrassegnato il decennio. Tuttavia le oscillazioni hanno creato instabilità e incertezza, per questa ragione negli anni è maturata l'idea di creare uno stabilizzatore che rendesse meno dipendente il Paese dalla materia prima.

Sebbene sia denominato come fondo pensione, in realtà il fondo sovrano non lo è in senso stretto in quanto non è alimentato soltanto dai contributi pensionistici, ma anche dalle tasse societarie, dai dividendi di aziende di proprietà statale come Equinor, dal pagamento delle licenze per l'esplorazione dei giacimenti di petrolio e soprattutto dai ricavi derivanti dall'attività petrolifera.

 

Government Pension Fund Global: la funzione sociale

Fin dalle sue origini il Government Pension Fund Global ha avuto una funzione di stimolo all'economia con un'attenzione particolare verso lo Stato sociale. Il fatto che le due cose sono state portate avanti senza che l'una inficiasse l'altra è stato un grande successo della politica economica norvegese in tutti questi anni.

La ragione di fondo stava nella necessità di controllare la spesa pubblica per evitare che l'economia potesse surriscaldarsi, come al contrario è successo in tanti altri Paesi che hanno conosciuto poi crisi finanziarie gravissime. Il mandato del fondo era quello quindi di creare ricchezza per le generazioni future, alle prese con delle sfide sempre più impegnative. Per questo era necessario stabilire delle regole che imponessero dei limiti di spesa, evitando cioè alla stessa di andare fuori controllo.

Nonostante alcune polemiche di carattere politico in tema di decisioni sulla gestione delle risorse, negli anni il fondo è riuscito a creare dei risultati sociali che sono stati qualificati a livello generale. Soprattutto è riuscito a godere di un diffuso sostegno della politica anche in contesti in cui le condizioni generali di mercato non erano del tutto favorevoli.

 

Government Pension Fund Global: ammontare e performance

Nei primi anni dalla costituzione, il fondo ha vissuto solo sulle prospettive di grandi entrate dall'attività del petrolio, ma non ha usufruito di risorse significative, complice anche la profonda recessione che ha dovuto subire l'economia norvegese. Le cose sono cominciate a cambiare dopo la metà degli anni '90 quando alla Norges Bank è stata affidata la gestione del denaro depositato, sotto la guida del Ministero delle Finanze.

Infatti l'organo governativo ha stabilito che gli introiti del fondo andavano investiti in azioni in una quota compresa tra il 30% e il 50%, fissando un benchmark di riferimento riguardo i rendimenti. Così nel 1996 il Ministero ha depositato le prime somme sul conto del fondo.

L'anno successivo il capitale gestito si aggirava intorno ai 100 miliardi di euro e l'obiettivo si manteneva sempre sul giusto equilibrio tra rischio e rendimento, includendo però gli investimenti in Borsa. Nel 1998, il fondo ha investito fino al 40% del proprio portafoglio nel mercato azionario internazionale. Tuttavia questo non ha fatto a meno di creare qualche malumore all'interno della classe politica che non vedeva di buon occhio il fatto che lo Stato speculasse con il denaro pubblico.

La situazione è esplosa quando sono subentrate delle questioni etiche legate al fatto che una parte dei soldi del fondo venivano investiti in società coinvolte nella produzione di armi e tabacco. Questo ha fornito lo spunto per sensibilizzare il Governo e partorire il 19 novembre 2004 un decreto che stabiliva delle linee guida etiche. Nello specifico il fondo non poteva effettuare investimenti nelle società che avevano a che fare con la violazione dei diritti umani, ma poteva farlo in alcune compagnie che producevano armi che non fossero distruttive come ad esempio quelle nucleari.

Nel 2009 il Ministero delle Finanze ha emesso un decreto con il quale la quota azionaria su cui il fondo poteva investire saliva al 60% e a partire dall'anno dopo il Governo stabiliva che almeno il 5% del portafoglio doveva essere investito in immobili.

Nel 2011 il Government Pension Fund Global diventava il più grande fondo d'investimento del mondo. Nel 2014 veniva innalzata al 70% la quota d'investimento in azioni, su proposta della Norges Bank e tre anni dopo il fondo ha superato per la prima volta la somma di 1.000 miliardi di dollari di capitale gestito. Una cifra impressionante se si considera che quindici anni prima il fondo valeva poco più di 70 miliardi di dollari.

Il rendimento del fondo negli anni si è mantenuto quasi sempre su livelli eccelsi, con picchi in alcuni periodi come il 2009 quando le performance sono arrivate al 25,5% annuo. Poche le battute d'arresto negli ultimi dieci anni: da ricordare quella del 2011 dove il fondo ha perso il 2,6% a seguito della crisi del debito dell'Eurozona e quella del 2018 quando il tonfo è stato più sostanzioso, ossia del 6,2%.  Nel 2020 il risultato è stato negativo, con un calo del 3,4% che corrisponde a perdite per 21,3 miliardi, complice soprattutto il calo di marzo determinato dal Covid-19.

 

Government Pension Fund Global: gli investimenti effettuati

In base all'ultimo rapporto del fondo sovrano norvegese, gli investimenti effettuati si concentrano soprattutto nell'area nordamericana con circa il 43% del capitale impiegato, seguita da Europa con il 34% e da Asia e Oceania che insieme fanno il 19%.

Le prime quattro società considerate dal fondo sono le big tech americane: Microsoft con un investimento di 6,5 miliardi, Apple (6,3 miliardi), Google (5,7 miliardi) ed Amazon (5,4 miliardi). Importante risulta la presenza in grandi società svizzere come Nestlé (5,3 miliardi), Roche Holding (4 miliardi) e Novartis (3,9 miliardi).

L'esposizione verso l'Italia è di circa l'1,4% del valore complessivo, corrispondente a una cifra di 17,2 miliardi distribuiti in 11,38 miliardi di azioni di 127 società e 5,94 miliardi di obbligazioni di 11 società. Le principali società beneficiarie si possono così elencare:

  • Intesa Sanpaolo su cui il fondo ha investito 1,13 miliardi di euro e ha in questo momento un pacchetto di 2,31% di azioni;
  • ENI con un investimento di 847 milioni di euro e l'1,72% di azioni;
  • ENEL con 638 milioni investiti e l'1,26% di capitale azionario;
  • UniCredit con 610 milioni impiegati e una partecipazione dell'1,53%;
  • Telecom con 340 milioni investiti e l'1,95% di partecipazione azionaria;
  • FCA con 210 milioni d'investimento e un pacchetto azionario dello 0,96%.


Tra gli investimenti secondari si ricordano: Leonardo, Ansaldo, Autogrill, Mondadori e una quota dello 0,36% nella Juventus.

Per avvalorare il codice etico di investimento, negli ultimi tempi il fondo si è sempre più sensibilizzato verso temi che hanno a che vedere con il cambiamento ambientale e la transizione energetica. Per questo motivo ha cominciato a dismettere quote di società che non sono al passo con la decarbonizzazione delle attività industriali. In tale contesto, ENEL è una di quelle che è stata messa sotto sorveglianza, nell'attesa che avvii il processo di mutamento verso un'economia sostenibile rientrante nei piani aziendali.

 

 

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