L’oro supera i suoi massimi storici dimostrando al Bitcoin che la sfida per essere la riserva di valore per eccellenza degli investitori è ancora lunga prima di essere vinta dal digital rispetto al fisico.
Mentre per BTC arriva l’halving a prezzi mai visti prima, l’oro il massimo lo ha superato da un pezzo in quello che sembra essere il termine di un consolidamento cominciato nel 2020 e che in diverse occasioni ha “testato” i top di area 2.100 dollari l’oncia prima di rompere decisamente verso l'alto.
Questo definitivo tentativo di rottura dell’oro verso l’alto potrebbe avere significati negativi sul dollaro in prospettiva, ma non ora che soffiano i venti di guerra e il biglietto verde appare come un bene rifugio. Ma c'è un asset class direttamente collegata all'oro che finora ha deluso, ma che sta ricominciando a recuperare terreno. Stiamo parlando delle azioni aurifere declinate sul mercato con vari indici, tra cui i più celebri sono l'Hui index e lo Xau index.
Azioni aurifere: il ritardo potrebbe nascondere un'interessante opportunità
Il tasso di variazione annuo dell’indice Hui (amex Gold Bugs) è appeno tornato sopra lo zero, mentre il metallo giallo fisico guadagna oltre il 20% sempre su base annua.
Un gap importante che anche a livello grafico possiamo notare nella difficoltà dell’ETF Vaneck Gold Miners di uscire da una stagnazione di prezzo che ormai va avanti da un decennio, ovvero da quando il mercato si assestò dopo un clamoroso bear market che aveva falciato le quotazioni di oltre l’80%. Da quel minimo il valore dell’ETF è praticamente triplicato ma il ritardo nei confronti dell’oro è evidente. Qualcosa di buono sta però accadendo se osserviamo il grafico.
L’ETF che replica l'indice NYSE Arca Gold Miners, rappresentativo delle società dell'industria globale dell’estrazione di oro e argento che generano almeno il 50% dei propri ricavi da questo settore, sembra infatti pronto a violare definitivamente verso l'alto le resistenze. E questo sarebbe un segnale strategico molto importante.
Investire in questo ETF significa investire prevalentemente in azioni quotate in tre Paesi, Canada (il 50%), USA (il 20%) e Australia (il 12%). Le partecipazioni all’interno dell’indice ammontano a una cinquantina, ma i primi 10 titoli coprono i due terzi con Newmont e Barrick Gold a rappresentare un quarto del paniere.
ETF questo che ha vissuto gli ultimi anni in maniera decisamente distaccata dalle sorti dei mercati azionari. Nel 2021 il bilancio registrò un calo del 2%, nel 2022 un altro calo del 3% e nel 2023, anno del rimbalzo di tutti i mercati azionari in crescita di appena il 6%.
Graficamente l’ETF appare adesso pronto a fornire i tanto sospirati segnali rialzisti. Stiamo quindi per assistere ad una ripartenza? Se il break dell’oro è ormai confermato allora è innegabile che le azioni aurifere sono in ritardo sui tempi e possono rappresentare un'interessante opportunità per il futuro.
I fondamentali non mostrano sconti clamorosi (il rapporto prezzo utili è di 20), ma nemmeno abbiamo di fronte azioni sopravalutate. E di prodotti passivi quotati su questo settore un pò dimenticato non c’è che l’imbarazzo della scelta.