Quando si parla di obbligazioni indicizzate all’inflazione acquistate con ETF, una classica domanda è: meglio acquistare un paniere di obbligazioni europee oppure un basket di obbligazioni mondiali ma con il rischio di cambio coperto?
Una domanda legittima visto che da una parte l’investimento viene dirottato verso strumenti emessi in euro di paesi dell’Eurozona e con nessun costo di copertura annesso. Soprattutto l’inflazione che viene coperta è quella della zona geografica nella quale si vive. Per un italiano la Zona Euro.
Nel secondo caso l’investimento è sempre su strumenti obbligazionari indicizzati all’inflazione ma di paesi esterni alla Zona Euro. Quindi Stati Uniti, Gran Bretagna, Giappone, Australia e altri. In questo caso non ci sarà una perfetta aderenza all’inflazione domestica mentre verrà privilegiata la diversificazione geografica globale, storicamente più redditizia. Il rischio di cambio potrebbe essere aperto oppure coperto. Per chi ricerca la semplice assicurazione contro l’inflazione il rischio cambio andrà opportunamente eliminato con strumenti "Eur Hedged".
ETF Inflation linked: meglio bond europei o basket di obbligazioni mondiali?
Vediamo perciò qual è stato il comportamento di due ETF di iShares che replicano questa tipologia di investimento ricercando anche una maggiore profondità storica negli indici sottostanti per capire profittabilità e volatilità delle due strategie.
iShares Euro inflation Linked Bond e iShares Global Inflation Linked Government Bond eur hedged sono due ETF che permettono da diversi anni di replicare la performance delle obbligazioni europee e mondiali indicizzate all’inflazione senza rischi di cambio.
La performance degli ultimi tre anni sembrerebbe dare credito all’ipotesi che è sempre meglio stare sulle emissioni di casa. La perdita del 18% dell’ETF globale viene messa a confronto con la modesta perdita del 2% (dati al 28 ottobre 2023) della versione euro inflation linked. La stessa volatilità sembra lasciare senza appello l’investimento globale che ha mostrato un dato annuo del 12% contro l’8% della versione europea di ETF inflation linked.
A pesare sull’andamento degli ultimi tre anni il peggior andamento dei bond americani risaliti sulle scadenze lunghe fino al 5% di rendimento, così come la debacle dei bond inglesi e giapponesi. E la duration decisamente più lunga della versione globale dell’ETF (10 contro 8 della versione europea) ha avuto il suo peso nell’importante ribasso degli ultimi tre anni.
Se però allarghiamo il tiro, scopriamo che dal 2007 a oggi le cose sono andate diversamente. La versione globale a cambio coperto ha ottenuto un rendimento annuo composto del 4,2% contro il 2,3% della versione europea seppur con una volatilità leggermente più alta (7,5% contro 6%) che comunque non ha impedito allo Sharpe Ratio di consegnare a questo ETF la palma di migliore in termini di rendimento aggiustato per il rischio.
I dati storici confermando quindi che l’investimento globale appare più redditizio nel lungo periodo nonostante i costi di copertura. Considerando che il più sulla parte lunga della curva dei rendimenti dovrebbe essere fatto con le banche centrali pronti a stoppare i rialzi, questa è una considerazione utile da tenere presente quando si costruisce un’asset allocation che comprende bond indicizzati all’inflazione.