In un momento di grande fibrillazione politica all’interno dell’Europa dopo le elezioni francesi e britanniche, incuriosito ho voluto verificare come si stanno muovendo alcuni primari mercati azionari europei che non hanno l’euro come moneta di riferimento. Nello specifico, le Borse di Gran Bretagna, Svizzera e dei paesi scandinavi anche se questi ultimi con qualche distinguo. Abbiamo la fortuna di poter utilizzare ETF con uno storico che arriva ad almeno 10 anni e questo ci permette di fare degli interessanti confronti temporali.
Borse fuori dall'euro: un confronto
Gli ETF che ho utilizzato per questa particolare sfida sono rispettivamente iShares Msci EMU come benchmark delle Borse dell’Eurozona, Ubs Msci UK per la Gran Bretagna, Ubs Msci Switzerland 20/35 per la Borsa elvetica e Xtrackers Msci Nordic per le Borse scandinave; in questo caso va fatta la doverosa premessa che Svezia, Norvegia e Danimarca rappresentano quasi il 90% del portafoglio con Copenaghen che occupa il 43% (di cui il 30% nella sola azione Novo Nordisk) e con una moneta di fatto agganciata all’euro.
Detto questo vediamo il confronto a 10 e 5 anni delle Borse extra euro, influenzate anche dall’andamento della valuta locale, contro la Borsa Eurozona dove naturalmente per l’investitore italiano le oscillazioni valutarie non esistono.
A distanza di 5 anni non c’è molta storia. Le Borse scandinave hanno realizzato una crescita di valore del 86%, per la maggior parte merito della società farmaceutica danese Novo Nordisk. E quello che brilla tanto oggi potrebbe rivelarsi un boomerang domani e va sempre ricordato di fronte a performance di questo tipo frutto di pochi attori protagonisti.
Le Borse euro hanno progredito nell’ordine del 50%, un po' dietro la Svizzera, decisamente attardata (+36%) la Borsa inglese che paga dazio alla Brexit e ad una gestione politica decisamente non brillante di questi ultimi anni, poi punita dagli elettori.
Non cambiano gli equilibri a 10 anni. Paesi scandinavi che volano con un progresso del 150%, ma con la Svizzera che grazie anche alla forza del franco, sorpassa le Borse dell’Eurozona arrivando a +110% contro il +97% dell’universo EMU. Decisamente attardato il listino inglese che ha raccolto nell’ultima decade una performance di appena il 60%.
Il mercato elvetico si conferma interessante anche considerando il profilo della volatilità dello strumento. La più bassa (14%) in un drappello con numeri tutti superiori al 14%. Singolare notare però che nell’anno nero di bond ed equity, il 2022, la Borsa inglese è stata l’unica a salvarsi con un modesto guadagno del 1%.
Ovviamente molto diversi tra loro a livello settoriale questi mercati, fattore questo che assieme alla valuta può spiegare i differenti andamenti durante gli ultimi lustri.
I farmaceutici con il 33% sono il settore più pesato in Scandinavia seguiti al 25% dagli industriali. Le Borse inglesi più diversificate settorialmente vedono la finanza al primo posto con il 18% di peso. In Svizzera di nuovo healthcare e beni di consumo dominano con il 32% e 20% rispettivamente del portafoglio. Infine nella zona Euro sono finanziari e industriali a guidare il gruppo con 18% e 17% del paniere di titoli compresi nell’ETF.
Tanti numeri e percentuali che ci danno una conferma. Dentro o fuori dall’euro i mercati azionari del vecchio continente sono molto variegati tra loro e la scelta migliore, anche per non incappare in quale primadonna che fa la differenza nel bene o nel male, è possedere tutte insieme queste Borse europee privilegiando ETF che non fa esclusioni di natura geografica/valutaria.