Mantenere oggi i soldi fermi su un conto corrente non solo è una scelta poco oculata per chi ha obiettivi di lungo periodo, ma anche per chi quel denaro vuole tenerlo pronto per eventuali emergenze o semplicemente realizzare obiettivi di breve termine.
Nell’era dei tassi zero o sottozero questa scelta poteva trovare una sua ragione nel fatto che i costi dei prodotti finanziari (anche gli ETF) erano più alti dei rendimenti di mercato delle obbligazioni in essi contenute. In quel momento la scelta di investire in un fondo monetario si rivelava assolutamente anti economica e non praticabile per chi voleva far fruttare i risparmi.
Meglio lo zero sul conto piuttosto che rendimenti al netto di costi e imposte varie inferiori a zero.
Le banche centrali cambiano le carte in tavola
Poi è arrivata la BCE, i tassi di interesse sono saliti e i titoli di Stato hanno cominciato ad offrire, anche a scadenze entro l’anno, rendimenti netti superiori al 3%. Stesso discorso per i conti deposito bancari con banche più aggressive che si sono spinte addirittura più in là quanto a remunerazione della liquidità seppur vincolata.
A questo punto mantenere il denaro fermo su un conto corrente a remunerazione zero è diventato antieconomico. Anche per chi vuole mantenersi corto e liquido in attesa di chissà quali eventi sui mercati azionari. Basti pensare che ogni 10 mila euro lasciati depositati su un conto corrente a tasso zero privano il risparmiatore di oltre 300 euro netti all’anno sotto forma di interesse percepito su titoli di Stato o conti deposito. Soldi letteralmente regalati alle banche che naturalmente impiegano quel denaro a tassi ben più alti spuntando un corposo utile sulla differenza.
Diventa perciò necessario trovare un utilizzo redditizio alla liquidità in cassa, anche solo per 3 e 6 mesi.
Dove investire per far rendere la liquidità?
Le strade praticabili con ETF le ho già indicate in diversi articoli delle scorse settimane, ma le alternative esistono anche nel mondo del reddito fisso.
Ad esempio, attualmente un BTP con scadenza gennaio 2024 con cedola zero ha un prezzo sul mercato inferiore a 98 che, con rimborso 100, porta ad una sicura plusvalenza del 2% che su base annua trasforma il rendimento annualizzato in 3,7%. Per chi volesse rimanere più corto il BTP novembre 2023, sempre a cedola zero, ha un prezzo di 98,60 che con rimborso a 100; pur tenendo conto anche dell’imposta di bollo produce una sicura plusvalenza. Per chi invece può permettersi di allungare la scadenza a 9 mesi il BTP aprile 2024 prezza 97 offrendo un rendimento annualizzato del 3,8%.
Strategia praticabile anche con titoli di stato tedeschi e francesi con l’unica differenza legata ad un rendimento inferiore di 25-30 punti base a causa di un rischio emittente Italia più elevato rispetto a Francia e Germania.
La tassazione agevolata su cedole e capital gain è pari al 12,5% e può essere ottenuta anche con gli ETF che investono in titoli di stato europei a brevissima scadenza. Come iShares Eur Government Bond 0-1 anni oppure Amundi ETF Govies 0-6 mesi Eur investment grade. In questo caso la durata dei titoli, pur essendo molto ridotta, non tende allo zero come nel caso dei singoli titoli di stato così come non è possibile ridurre eventuali minusvalenze in portafoglio.
Soluzioni quelle appena viste ideali per chi ha importanti riserve di liquidità che possono finanziare obiettivi di breve periodo con una remunerazione oggi interessante e redditizia. Inferiore ad un’inflazione che lentamente sta piegando la testa, ma nettamente superiore a quella offerta da un banale conto corrente bancario.