Gli ETF attivi stanno cominciando a popolare i listini di borsa affiancandosi ai tradizionali ETF che replicano passivamente un indice. Il fenomeno è probabilmente legato alla necessità dei produttori di ampliare e diversificare il catalogo di offerta per andare incontro alle richieste di investitori che prediligono scelte di portafoglio meno “pigre”.
JP Morgan ha però lanciato ETF attivi già da diversi anni e lo storico superiore ai 5 anni ci permette di fare un primo confronto seppur non esaustivo, ma comunque interessante per capire se le strategie attive sono state superiori a quelle passive.
La serie di ETF JP Morgan che utilizza strategie attive si chiama Research Enhanced e troviamo quotati ETF che investono in diverse aree geografiche come ad esempio il mercato americano, europeo, globale, emergente, ecc…La sigla ESG sta naturalmente a significare che i criteri di sostenibilità rappresentano un fattore primario di cui tenere conto nel fare confronti con gli ETF passivi che replicano lo stesso mercato ma senza gestione attiva.
Come scritto nel KID “Il Comparto non intende replicare l'Indice di Riferimento né la performance dello stesso, quanto piuttosto detenere un portafoglio di titoli azionari (che può includere i Titoli dell'Indice di Riferimento, ma non sarà limitato a questi) selezionato e gestito attivamente, con lo scopo di generare una performance degli investimenti superiore a quella dell'Indice di Riferimento in un orizzonte di lungo periodo. Al fine di perseguire questo obiettivo, il Gestore degli Investimenti può sovraponderare i titoli che, a suo avviso, presentano il massimo potenziale di sovraperformare l'Indice di Riferimento e sottoponderare o escludere del tutto dal portafoglio quelli che ritiene più sopravvalutati”.
ETF attivi vs passivi: un confronto
Siamo di fronte alla massima flessibilità possibile quindi appunto strategia attiva. Le commissioni di gestione sono contenute allo 0,2% annuo a cui si aggiungono costi di transazione dello 0,03%. Ma la gestione attiva ha premiato negli ultimi 5 anni? Nì.
Se confrontiamo l’ETF di JPM che investe nel mercato USA con un ETF Xtrackers Msci USA ESG, a parità di volatilità la performance della gestione attiva è stata del 118%, quella del passivo 122%. Leggermente meglio va sul segmento globale dove l’attivismo si è tradotto in 5 anni in un vantaggio di 0,2% di performance totale. Meglio investendo in Europa dove l’ETF di JPM raccoglie una overperformance di quasi 1 punto percentuale.
Entrando nei portafogli dei due prodotti le differenze si vedono. Ad esempio a livello settoriale la tecnologia americana pesa il 40% nel tradizionale Msci USA Esg, il 33% nell’ETF attivo. Per quello che riguarda i singoli titoli ad esempio Microsoft pesa il 7% nella gestione attiva contro l’11% di quella passiva. Eli Lilly è presente nella replica passiva al 3% ma non tra i primi 10 titoli di quella attiva, come Tesla.
Quindi due portafogli differenti che però, almeno nell’ultimo lustro, non hanno dimostrato grandi vantaggi per la gestione attiva. Il cosiddetto alpha non si è dimostrato quindi tale da rendere interessanti questi prodotti in ottica di allocazione di portafoglio. L’avvento di nuovi prodotti con stile di gestione dinamico renderà sempre più frequenti queste comparazioni. Fra qualche anno avremo le prime risposte più consistenti.