A quanto pare c’è energia pulita ed energia pulita. Le performance che arrivano dagli ETF che investono in quello che da molti viene definito come un tema secolare lo confermano, con una dispersione notevole che può, ad una prima occhiata, smarrire l’investitore.
Cominciamo subito con il dire che sono diversi i prodotti quotati sulla borsa italiana che annoverano nella loro descrizione le parole “Clean Energy”, quell’energia pulita da molti celebrata come un tema che dominerà i prossimi decenni di transizione ecologica.
Sono tre gli ETF che ho deciso di analizzare incuriosito dalla loro differenza di performance nell’ultimo anno.
Clean Energy: tre ETF, tre stili di gestione completamente diversi
iShares con lo storico Global Clean Energy da poco reso disponibile anche in classe ad accumulazione, e i giovani (quanto a data di quotazione sul mercato) Invesco Global Clean Energy e HanEtf S&P Global Clean Energy Select.
Proprio quest’ultimo ETF mi ha sorpreso con un bilancio annuale di -3%, intermezzato dal -7% di iShares e dal -16% di Invesco. Da inizio 2023 la negatività è invece ovunque con iShares a fare peggio di tutti con un -6% (dati al 5 giugno 2023).
Se tutti e tre gli ETF presentano volatilità comprese tra 26% e 29%, le performance sono disperse e i motivi possono essere diversi. Vediamoli insieme.
iShares investe in poco meno di 100 società con le prime 10 che formano il 50% del portafoglio. L’indice cap weighted replicato è il S&P Global Clean Energy. Gli Stati Uniti coprono il 36% del totale, seguiti da Cina al 12% e Spagna al 10%. Utilities dominanti con il 38% seguite da tecnologia al 33%. Tra i primi nomi per peso First Solar, Enphase Energy, Iberdrola e Solaredge.
Invesco ha un numero di società simile nel paniere, ma una differenza sostanziale nella diversificazione. Infatti, le prime 10 società coprono il 12% del totale. Più diversificata anche la geografia con USA al 25%, Cina al 7% e Corea del Sud al 7%. Maggiore il peso degli industriali qui al 30%, mentre utilities e tecnologia seguono con il 17% a testa. Essendo molto frammentato con la prima azione (Ecoprobm) con l’1,4% di peso, non ha molto senso elencare nomi di società che replicano l’indice equipesato WilderHill New Energy Global Innovation.
Chiudo con il sorprendente HanEtf che replica come iShares l’indice S&P ma in versione Select, ovvero i 30 titoli più grandi e capitalizzati del paniere originario. In questo caso troviamo ai primi posti ovviamente nomi già visti con iShares, ma anche altre società con pesi percentuali inferiori al 5% come Chubu, Broofield Renewable, Ormat. L’altro aspetto che differenzia questo ETF rispetto a quello di iShares è il peso decisamente inferiore di Cina (4%), maggiore di Usa (41%) e l’ingresso della Nuova Zelanda con oltre il 9%. Utility che contano ancora di più con il 43% seguite da tecnologia al 26%. La forza della large cap coniugata al sottopeso di Cina spiega il buon momento di questo ETF che pecca di diversificazione.
Tre ETF che investono nelle energie pulite ma con stili di gestione completamente diversi. Non esiste obiettivamente quello perfetto. Per alcuni abbiamo vizi di concentrazione, per altri un focus eccessivo sulle small caps.
Comunque tre ottimi strumenti per allenarsi al comprendere l’importanza di una attenta lettura dei documenti (KID) e quindi capire le politiche di gestione dei singoli prodotti, prima di stupirsi per risultati così differenti pur usando la stessa etichetta di marketing.