Da qualche giorno sono usciti i 13F, i form che i fondi istituzionali che gestiscono capitali sopra i 100 milioni di dollari sono costretti a consegnare ogni trimestre alla SEC, l’ente regolatore dei mercati americani. Ovviamente questo form rappresenta una grande risorsa per noi investitori, visto che ci permette di “sbirciare” dentro i portafogli dei grandi “squali della finanza”, anche se con delle limitazioni.
I fondi istituzionali hanno infatti 45 giorni di tempo dall’ultimo giorno del trimestre per consegnare questo form, e di solito lo consegnano il più possibile a ridosso di questa scadenza, proprio per evitare di rivelare le proprie strategie.
Ecco perché i form dei principali investitori, come anche quelli di Berkshire Hathaway di Warren Buffett o Bridgewater di Ray Dalio, sono stati consegnati tutti nella seconda metà di maggio. Altra limitazione è che in questi form i fondi sono obbligati a segnalare solo le posizioni aperte long e le opzioni detenute in portafoglio. Non abbiamo dunque nessuna informazione sui loro short.
Le mosse di Scion Capital
Dal 1° gennaio al 31 marzo Burry ha aumentato la sua esposizione su due titoli cinesi, che aveva iniziato a comprare già nell’ultimo trimestre del 2022: Alibaba e JD.com. In Alibaba Burry ha raddoppiato la sua esposizione, passando da 5 milioni di dollari a 10 milioni di dollari di capitale in posizione, per un totale di circa 100.000 azioni.
In JD invece Michael ha acquistato azioni per un totale di circa 7 milioni e mezzo di dollari, portando il totale della posizione ad oltre 10 milioni. La sua esposizione totale ai titoli cinesi rappresenta ora il 20% del suo portafoglio.
Nel 13F però non sono incluse le date degli acquisti, quindi non possiamo sapere di preciso quanto e se l’investitore sta attualmente guadagnando da queste operazioni. Quello che però è sicuro è che Alibaba ha raggiunto un minimo importante intorno quota 63$ a novembre dello scorso anno, al -80% dai massimi raggiunti nel 2020, proprio durante il trimestre in cui Burry ha comprato per la prima volta il titolo.
I prezzi dell’azione hanno poi fluttuato tra gli 80 e i 120 dollari per azione da gennaio fino ad aprile di quest’anno, periodo in cui è stato fatto il secondo acquisto da Burry.Il successo di queste operazioni dipenderà quindi dall’andamento del settore tech cinese da qui in avanti.
La seconda scommessa di Burry per il trimestre è ancora più clamorosa. Questa volta l’investitore, dopo aver twittato a riguardo della crisi bancaria proprio pochi giorni dopo il fallimento di SVB, dichiarando che secondo lui la crisi sarebbe finita in poco tempo, ha comprato ben 8 titoli finanziari, di cui 7 regional banks, portando la sua esposizione totale nel settore al 24% del suo portafoglio.
Tra tutti l’acquisto più clamoroso è sicuramente quello di First Republic Bank.
Non sappiamo se Burry abbia poi venduto le quote entro il 1° maggio, giorno in cui la banca è fallita, ma in qualunque caso è molto probabile che abbia incassato una grande perdita, visto che dal 9 marzo al 28 aprile, ultimo giorno di contrattazione in Borsa, il titolo ha segnato un -97%.
Il secondo acquisto nel settore che ha del clamoroso è PacWest Bancorp, altra banca che è stata sull’orlo del fallimento questo mese. Anche in questo caso, ammenoché Burry non sia riuscito ad acquistare durante lo spike ribassista del 13 marzo (evento molto improbabile, visto che il trading sull’azione è stato stoppato più volte in quella giornata per eccesso di ribasso), la sua posizione dovrebbe essere ancora in perdita.
In questo caso Burry è stato più fortunato, visto che negli ultimi giorni il titolo ha ripreso a correre al rialzo dopo che la banca è riuscita a liberarsi di 2,6 miliardi di dollari di asset e migliorare i suoi indici di redditività. Ma in generale possiamo dire che anche quest’investimento difficilmente risulterà in positivo ad oggi, visto che l’indice delle banche regionali americane è ancora sotto i prezzi del 31 marzo.
Ultima operazione degna di nota portata a termine da Burry è l’acquisto di 100.000 azioni di Zoom, per un totale di circa 7 milioni di dollari, il 7% del portafoglio. Anche in questo caso l’investimento, almeno per il momento, non sembra essere particolarmente positivo, nonostante le buone performance del Nasdaq da inizio anno.
Nonostante il Nasdaq abbia fatto registrare un +25% circa in questi primi 6 mesi del 2023, Zoom Video ha sottoperformato l’indice del 30%, attestandosi intorno ad un -6% nella prima metà dell’anno.
Dopo queste nuove operazioni il portafoglio di Burry ad oggi è uno dei più concentrati tra quelli dei gestori americani, con una diversificazione minore anche rispetto al portafoglio di Berkshire Hathaway di Warren Buffett e Charlie Munger, famosi a loro volta per detenere poche azioni in portafoglio.
Attualmente Scion Capital di Burry detiene solo 21 azioni in portafoglio, contro le 48 del duo della Berkshire Hathaway.
Dunque non si preannuncia un trimestre stellare per il leggendario Michael Burry, nonostante gli indici americani abbiano messo a segno buone performance, con un Nasdaq sul +30% e un S&P 500 sul +12% ad oggi.