Il rally delle azioni USA potrebbe essere giunto al termine, secondo Morgan Stanley. La ragione è che, a giudizio degli strategist della banca americana, gli utili per azione (EPS, Earnings Per Share) dell'S&P 500 quest'anno sono destinati a scendere del 16%. Morgan Stanley prevede che gli EPS del principale indice americano arriveranno a 185 dollari per azione, rispetto a una media di 206 dollari stimati dal consenso degli analisti. Questo comporta che il benchmark a fine anno scivolerà verso 3.900 punti, ovvero un calo di quasi 400 punti dai 4.282,37 dell'ultima chiusura.
"Pensiamo che ci sia un rischio al ribasso per gli utili statunitensi. Se da un lato un contesto di liquidità in deterioramento potrebbe esercitare una pressione al ribasso sulle valutazioni azionarie nei prossimi tre mesi, dall'altro potremmo assistere anche ad una delusione per gli utili per azione in vista del rallentamento della crescita dei ricavi e dell'ulteriore contrazione dei margini", hanno scritto gli analisti di Morgan Stanley in una nota.
Se quindi bisogna stare lontani dalle azioni in generale, gli esperti dell'istituto finanziario statunitense consigliano titoli difensivi, obbligazioni investment grade e, se proprio si è alla ricerca di rendimenti allettanti, obbligazioni subordinate. Fuori dagli Stati Uniti, Morgan Stanley è invece rialzista sulle azioni giapponesi, di Taiwan e della Corea del Sud. Mentre sovrappesa i titoli di Stato dei mercati sviluppati e il dollaro USA.
Wall Street: i rischi per il mercato nei prossimi mesi
La posizione di Morgan Stanley è in contrasto con le stime che fanno altre banche d'affari di Wall Street, Goldman Sachs compresa. La Borsa a stelle e strisce è reduce da un rally di quasi il 20% dal minimo di ottobre, sospinta sia dall'aspettativa che la
Federal Reserve possa aver raggiunto la fine del rialzo dei tassi d'interesse o essere in prossimità della stessa, sia dall'entusiasmo che in questo periodo circonda il tema dell'intelligenza artificiale.
L'accordo sull'innalzamento al debito USA è servito a far tirare un grosso sospiro di sollievo agli investitori, che temevano un default degli Stati Uniti se il Congresso non avesse approvato prima del 5 giugno la legge che scongiurava il peggiore degli scenari. Tuttavia, i fattori di rischio per Wall Street sono diversi. I dati sull'occupazione americana rilasciati venerdì scorso hanno mostrato un aumento della disoccupazione nel mese di maggio dal 3,4% al 3,7%, ma anche un'aggiunta di 283 mila di nuovi posti di lavoro, che ha ampiamente superato il consenso, fermo a 160 mila unità.
Questo significa che, con un'inflazione appena sotto il 5% e quindi lontana dall'obiettivo di lungo periodo della Fed al 2%, i salari possono ancora rappresentare una minaccia per i prezzi. Di conseguenza, la Banca centrale americana potrebbe tornare a stringere sulla politica monetaria, riproponendo altri aumenti dei tassi e soprattutto cancellando l'ipotesi di una riduzione dei tassi nel 2023. Ciò creerebbe tensioni nei mercati azionari, e gli investitori finirebbero per ridurre drasticamente l'esposizione agli asset rischiosi.