Dopo non aver ottenuto il via libera da parte delle autorità regolatorie cinesi, il gigante cinese del fast fashion Shein ha abbandonato l’idea di quotarsi alla Borsa di Londra. L’attenzione dell’azienda si sposta su Hong Kong, in quella che sembra essere una decisione dettata tanto da ostacoli politici quanto da motivazioni strategiche.
Una quotazione a Londra avrebbe rappresentato un passaggio simbolico, dando al colosso e-commerce legittimità internazionale e accesso a capitali occidentali, ma le condizioni non erano più favorevoli. Vediamo quindi cosa c’è da sapere.
IPO Shein: accuse, indagini e ostacoli normativi frenano la quotazione
Shein è da tempo al centro di forti polemiche, tra cui gravi accuse legate all’uso di manodopera forzata, che l’azienda respinge con decisione. A queste si sono aggiunte recenti indagini dell’UE, che hanno rilevato violazioni delle norme sulla protezione dei consumatori, come sconti falsi, tecniche di vendita aggressive e comunicazioni fuorvianti sulla sostenibilità.
Inoltre, la recente chiusura della “scappatoia de minimis” negli Stati Uniti, che consentiva l’ingresso senza dazi di merci a basso costo, rischia di essere replicata anche da UE e Regno Unito, complicando ulteriormente lo scenario.
Londra perde un’occasione, ma forse non un buon affare
La quotazione di Shein a Londra avrebbe rappresentato un potenziale rilancio per il mercato delle IPO, in difficoltà dopo una serie di delisting e spostamenti verso Borse più competitive. Tuttavia, alcuni osservatori hanno espresso dubbi sull’opportunità di fare della controversa azienda il simbolo della rinascita dell’LSE.
In effetti, Shein stava già affrontando pressioni per abbassare la propria valutazione da 50 a 30 miliardi di dollari, a causa dei confronti con player britannici come Asos, Boohoo e Next. Hong Kong potrebbe offrire condizioni più favorevoli alla società cinese, sia in termini regolatori sia di valorizzazione.
IPO Shein: Hong Kong come alternativa strategica
Per Shein, puntare su Hong Kong rappresenta una mossa pragmatica, capace di evitare ulteriori ostacoli internazionali e potenzialmente attrarre investitori asiatici più allineati al suo modello di business.
Sebbene Londra o New York avrebbero rappresentato traguardi simbolici per una multinazionale nata in Cina, la realtà geopolitica e il peso delle controversie spingono l’azienda verso mercati più ricettivi. Secondo alcuni analisti, la mossa rafforza Hong Kong, ma non segna ancora una svolta strutturale: il vero banco di prova sarà la risposta degli investitori all’IPO.