Il lungo torpore della Cina è finito e la locomotiva asiatica ha ripreso il suo ruolo di traino dell’area emergente orientale. Sul mercato azionario il cambio di passo è arrivato a ottobre 2022. Da allora le azioni dell’ex Celeste Impero hanno ricominciato a marciare, spinte dal ritorno della propensione al rischio degli investitori, a cui si è aggiunta a inizio dicembre la decisione del governo di sollevare le misure restrittive imposte con la politica zero-Covid.
Tuttavia, non sono solo questi i motori che stanno spingendo il mercato azionario cinese e di cui trarranno beneficio anche le Borse dei paesi vicini. Marcus Weyerer, senior ETF Investment Strategist di Franklin Templeton ETFs EMEA, affianca ulteriori fattori di crescita, alcuni dei quali nascosti dal complesso scenario geopolitico globale.
Tre anni sotto pressione
All’inizio del mese di dicembre 2022 è avvenuto in Cina ciò che già da qualche tempo era accaduto nelle altre grandi economie globali: le autorità hanno allentato le restrizioni anti-Covid. Come una pentola sotto pressione, l’apertura del coperchio ha fatto ripartire i consumi, favoriti anche dai risparmi accumulati durante tre anni di immobilismo.
La forza della ripartenza si è sommata al supporto fiscale e monetario messo in campo dal governo e dalla People’s Bank of China, la Banca centrale cinese. Insieme alla crescita generata dalla riapertura dell’economia non è però arrivata, a differenza di quanto accaduto in Occidente, l’inflazione.
Secondo le previsioni di consensus elaborate da Bloomberg, i prezzi al consumo dovrebbero crescere del 2,7% nel primo trimestre di quest’anno, del 2,3% nel secondo, del 2,2% nel terzo e del 2% nel quarto. La Cina è l’unica tra le grandi economie globali a non avere il problema dell’inflazione pur con una crescita vista in accelerazione al 5,2% quest’anno, stando alle stime riviste al rialzo del Fondo monetario internazionale.
Cina e Stati Uniti costretti a parlarsi
Dietro le tensioni che preoccupano il mondo intero, Cina e Stati Uniti non hanno mai smesso di parlarsi, o forse sarebbe meglio dire di contrattare. Secondo i dati del Bureau of Economic Analysis degli Usa nel 2022 il commercio tra le due potenze globali ha raggiunto il livello record di 691 miliardi di dollari e le importazioni cinesi negli States sono cresciute del 6,3%.
Weyerer sottolinea come l’interdipendenza tra le due nazioni sia finora cresciuta e invita a non fermarsi alla superficie dei loro rapporti. Per esempio, mette in evidenza lo strategist di Franklin Templeton: “Il punto più basso è stato probabilmente raggiunto di recente con il rinvio di un viaggio a Pechino del segretario di Stato americano Anthony Blinken. Tuttavia si registrano anche segnali incoraggianti di miglioramento. Uno di questi è il fatto che la visita di Blinken in Cina era ed è tuttora in programma”.
Lotta congiunta al cambiamento climatico
Un nemico comune la Cina e gli Stati Uniti ce l’hanno, è il cambiamento climatico. “La prima potrebbe posizionarsi come leader a livello globale – osserva Weyerer – mentre i secondi sono i principali responsabili di emissioni di gas serra”. “Con Biden alla presidenza gli Stati Uniti hanno dato spazio ad ampi miglioramenti in questo ambito” prosegue lo strategist di Franklin Templeton, per il quale una cooperazione non è soltanto desiderabile ma inevitabile.
Sono le cifre a dirlo: la Cina produce il 97% dei wafer solari di tutto il mondo, l'85% delle celle fotovoltaiche e il 79% del polisilicio per pannelli solari. Nel 2021, la Cina ha investito circa 278 miliardi di dollari soltanto in progetti di energie rinnovabili e trasporti elettrificati. Per Weyerer, dialogare su questi tempi è un’ottima opportunità per abbassare letteralmente la temperatura.
Un buon posizionamento per i mercati emergenti
Alla luce dei fattori analizzati, Weyerer ritiene che la Cina e gli altri mercati emergenti dell’area siano ben posizionati per continuare bene il 2023. La spinta della riapertura, le valutazioni azionarie moderate, la situazione politica più favorevole, le opportunità di lungo termine come la transizione energetica, a cui si aggiunge la possibilità di un atterraggio morbido degli Stati Uniti, sono tutti elementi che fanno ritenere all’investment strategist che l’attuale ottimismo del mercato sia sostenuto dal miglioramento dei fondamentali, al di là di eventuali pause.
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